venerdì 30 marzo 2012

Tulipani a Milano

Non me ne ricordavo nemmeno più. La FOM nella sua infinita fantasia era uscita con un titolo dal forte sapore teologico: creando e ricreando. Sentendomi sempre un po' in difetto rispetto ai coadiutori capaci, quelli che hanno pensato al lavoretto a tema, che hanno belle ceste per i palloni, che escono con i foglietti sempre un mese prima, che terminano le iscrizioni per le vacanze due mesi prima della partenza ecc. ecc. mi aggiravo tra il Brico, la Coop e l'Esselunga il sabato prima della festa dell'oratorio alla ricerca di un segno.
Gira che ti rigira è sempre il buon caprotti che mi soddisfa: bulbi di tulipani in offerta. Strane confezioni da 7 bulbi a 3 euro o giù di lì. Ne faccio incetta. Creare e ricreare, dalla cipolla al fiore grazie alla terra e all'acqua: la predica è già fatta!
Poi cadono le foglie, piove (poco), viene la neve (pochissima), ed ora eccoli lì chi ci pensava? Un'amica catechista mi avvicina col cellulare: pensavo fossero morti col freddo che ha fatto. Tulipani a Milano.

Al concorso primavera

In tempi come questi si ha pure paura a dirlo. Nella sana educazione lombarda affetti, passioni ed emozioni è sempre meglio tenerli nascosti; se li si espone lo si fa sempre come provocazione, poi si ricada nella serietà. Per favore.
A me non piacciono i bambini piccoli, non so come rapportarmi. Faccio fatica con i giovani perchè

Morire


Morire

La poltrona e le ciabatte quasi dello stesso colore
Grigia la prima e grigio scozzesi le seconde –
Il plaid alle ginocchia un po’ penzolante
Una mano sul

Vuota la scatola


Vuota la scatola in cui
Raccolgo tracce di confidenze, lettere d’amicizia
Illusione d’amore.
Vuota mai del tutto la scatola
La credevi piena?

Fosse stata vuota del tutto
Avrei potuto bestemmiare
È la traccia che mi frega
E non mi consente di creder al mal di schiena

Quella sera che mi apristi un attimo
Io scappai come alla notizia di un figlio
Poi, sudato, ci credetti.

L’illusione è la fregatura
Non ci fosse potrei dire non tocca a me
Strada, maledetta strada folle
Ci sarà ancora fuoco in giro?

Giovedì 13 gennaio 2011 (2)

Lorenzo, di chi parli?


Carissimi chierichetti,
devo dire la verità: vi sfrutto. Vi sfrutto, o per meglio dire, sfrutto il vo­stro giornale per rivolgere una do­manda a Lorenzo Cherubini in arte Jo­vanotti. Ho appena finito di ascoltare il suo nuovo disco e non riesco a tratte­nermi dal fare questa domanda. Mi era già venuta voglia di comprare “Ora” (così si intitola il doppio CD edito dalla Universal) una sera, avendo per caso visto in televisione l’intervista all’autore.
«Vi farò ballare» aveva promesso Jo­vanotti all’anteprima del disco e così ha fatto: 25 canzoni non di suoni ricercati, non troppi strumenti ma molto ritmo, la solita amabile chitarra per i pezzi più intimi. Io però non mi intendo di musica e vorrei solo fermami sui testi perchè ce n’è uno che mi ha colpito più di tutti e mi ha fatto nascere una domanda che non posso non fare.
Iniziando l’ascolto ci si imbatte in Megamix (CD 1 track 1). «E’ questa la vita che sognavo da bambino» ripete più volte. Come fai a scegliere sempre la parole che direi io? Quando ero nelle scuole già cantavo con te «sono un ra­gazzo fortunato» e ora sottoscrivo an­che questa frase. Ma non è questa la domanda che vorrei farti.
Il brano più riprodotto in radio e che (forse) verrà maggiormente ricordato è il secondo Tutto l’amore che ho (Cd 1 track 2). Anche qui l’interpretazione più facile è quella dell’amore ragazza-ra­gazzo ma Lorenzo ha detto di averla scritta pensando a sua madre. Io ho trovato vera la descrizione della bel­lezza e del rischio connessa nell’amore: «Le meraviglie in questa parte di uni­verso, \ sembrano nate per incorniciarti il volto \ e se per caso dentro al caos ti avessi perso, \ avrei avvertito un forte senso di irrisolto». Davvero stupefa­cente è il ritornello in cui Jovanotti sembra indicare la strada per poter vi­vere davvero: «considerando che l'a­more non ha prezzo \ lo pagherò of­frendo tutto l'amore, \ tutto l'amore che ho ». Insomma l’amore è davvero ciò per cui vale spendere la vita e non c’è modo di viverlo se non rispondendo con tutto ciò che siamo! Sembra quasi una vocazione …
Il sesto pezzo è il più grande spetta­colo dopo il big bang che io pensavo parlasse del mio oratorio ed invece è l’espressione di esultanza di due ragazzi innamorati. Le parole sono davvero fe­lici: da che mondo è mondo lo spetta­colo più bello è quello dell’amore.
Ci sarebbero molti atri testi da com­mentare (da segnalare L’elemento umano, Quando sarà vecchio e Sul lun­gomare del mondo), però il pezzo più sorprendente si trova nel CD 2. Qui, Lorenzo carissimo, ti devo proprio fare una domanda. La traccia 3 si intitola Kebrillah. Scorrendo l’elenco sul retro ho pensato a qualcosa di orientaleg­giante, invece si tratta di quel modo di scrivere che usano i ragazzi sui telefo­nini per abbreviare e vuole dire “che brilla”. Il sound è semplice, positivo e attira molto; è da ballare ma non del tutto; forse è da gridare in macchina (però, chissà…). Ma il testo è assoluta­mente sorprendente.
La prima strofa (come le altre) de­scrive la vita con la sua complicazione: «Sulla mia spina dorsale è appoggiato il cielo \ intero \ lo sconfinato universo che prova a spingermi giù, \ e mi hai mostrato due contrari \ e hai detto ognuno è vero \  e mi hai lasciato qui da solo senza dirmi di più». Il ritornello inizia con un “però” che significa un distacco dalla considerazione sulle complicazioni della vita per giungere ad un punto fermo e ben chiaro: «Però hai messo un diamante dentro al mio cuore, \ KEBRILLAH KEBRILLAH quando lo espongo al sole, \ però hai messo una bomba dentro al mio cuore, \ che è sempre innescata e pronta per scop­piare». No non ci posso credere! Ma questo è più di quanto potessi aspet­tarmi!
Carissimo Lorenzo, hai scritto in una canzone quello che insegno io a scuola. Per quanto confuso sia il mondo, il no­stro cuore esiste e batte forte; nel no­stro cuore c’è una domanda, un tor­mento, di cui tutti i grandi scrittori, i grandi artisti e persino gli autori della Bibbia parlano. Nel cuore di ogni ragazzo c’è un diamante cioè una cosa preziosissima che è un guaio sprecare (“non gettate le perle ai porci”). Nel cuore di ogni ragazzo c’è una bomba pronta a scoppiare, speriamo che scoppi di vita e che non porti alla morte.
Carissimo Lorenzo, io non ti conosco di persona, ma ti ho sempre ascoltato; non so se tu vada in chiesa, se tu creda a Dio o no, non so se tu abbia avuto la fortuna di conoscere Gesù o meno, ma non posso non chiederti: “Chi è che ha messo quel diamante nel nostro cuore? Chi ci ha creati così? Di chi parli quando dici così? Con chi parli?”.
Io credo che tu stia parlando di Dio, il Padre Creatore che Gesù ci ha fatto conoscere e che ci conosce meglio di noi stessi. Tutto corrisponde. Dio mette diamanti nei cuori dei ragazzi, io li ho visti, grazie a te ce lo ricorderemo anche mentre balliamo.  

giovedì 29 marzo 2012

Il suono della domenica


Seguo Zucchero da quando era un ragazzino che giocava a pallone. Mio fratello più grande ne era invasato e i primi CD li ascoltava a ripetizione come fanno tutti gli adolescenti: giocoforza io un paio li so a memoria. Fece una canzone che ripeteva ossessivamente “Pippo, Pippo, che pesce sei?”. Chiamandomi io Filippo era impossibile che non la usassero per prendermi in giro. Ne ero attirato e lo odiavo allo stesso tempo, come tutti i veri amori. La sfrenatezza di alcune canzoni che inneggiavano alle sensazioni mi attirava e mi faceva paura come essere di fronte ad un burrone, la dolcezza e la poeticità di alcuni altri testi mi accarezzavano l’anima appena cosciente di esserci.
A fine 2010 è stato confezionato il suo ultimo disco “Chocabeck” (Zucchero Sugar Fornaciari Chocabeck edito da Universal Music) che, per gli strani effetti della comunicazione, è passato sotto traccia per alcuni mesi esplodendo nell’estate del 2011. Si tratta di un “concept album” ossia di un CD in cui tutte le canzoni son come legate da un filo tematico testuale\musicale.  Ritornano tutti gli stili di piena contaminazione dei generi che hanno sempre caratterizzato Zucchero. Ciò che ha destato lentamente il mio interesse è la ricerca che l’autore fa tra i suoi ricordi. Dal suo cappello matto Zucchero tira fuori i ricordi di Adelmo (se stesso) da bambino nella campagna emiliana. 
Mettendo il disco nel pc automaticamente vengono visualizzati i nomi delle tracce e mi sono accorto di una differenza. La seconda traccia sulla copertina si intitola “Il suono della domenica” mentre il computer legge: “Someone Else’s Tears”. Che strano … la ascolto. Ho visto gente sola andare via sai/tra le macerie e i sogni di chi spera vai/Tu sai di me, io so di te/ma il suono della domenica dov'è? Mi sembra che dica: ho girato tanto e ne ho viste tante ma tra tutte le cose che mi hanno segnato rimane sullo sfondo il suono della domenica.  Al mio paese/è ancora giallo il grano/a braccia tese/verso l'eternità/Il mio paese.../Al mio paese/vedo fiorire il buono/le botte prese/non le hanno rese mai/Al mio paese...//Che suono fa la domenica da te?. Nella memoria di Zucchero tra tante emozioni, conoscenze, desideri emergono dal fondo una luce ed un calore inattesi. L’infanzia in campagna in una vita ancora regolata dai ritmi della natura ha lasciato una pace di fondo che nonostante tutto permane e illumina tutte le tragedie presenti. “Lacrime di qualcun altro”  è il cripto-titolo in inglese,in che senso?  A voi le interpretazioni.
In “E’ un peccato morir” riprende: Ai piatti pieni a tavola/La gente nostrana, senza boria né buriana, e via
Yeah yeah che l'anima mia va a questa bocca di sole/Che mi toglie le parole
. Ecco sono i mitici pranzi domenicali dell’Emilia. Aria calda, tavola imbandita, dopo la Messa, insaccati, pasta e vino; tanti parenti giovani e vecchi e un cane che gongola sotto il tavolo. E’ da lì che Zucchero è partito e quell’eredità non la scorda più. La libertà espressiva e tutte le libertà in generale nascono da una piena tradizione che ti insegna chi sei. Solo chi sa da dove viene  può diventare creativo e davvero libero: L'alba e i granai,/filtra di qua dal monte./Piano si accende,/striscia e dà vita al cielo./Scende e colora/vivida il fiume e il ponte./Oh è tempo per noi di andare via./Un respiro d'aria nuova./Chiudo gli occhi e sento di già/che la stagione mia si innova./ Un soffio caldo che va,/un sogno caldo che va.
Cari amici, tra la fantasmagoria di emozioni di un disco di Zucchero emerge una radice ben piantata. Un seme che non ha tolto libertà, anzi che ha reso possibile una vera carriera artistica. Solo chi impara a vivere la propria tradizione fino in fondo e la ama può diventare un artista. Il suono della domenica è il suono delle campane, dell’organo che innalza l’anima verso Dio, del campanello alla Messa che spezza il silenzio, delle chitarre che ce lo fanno sentire più vicino, dell’acqua che scorre nel lavello, delle posate che si preparano in tavola, il suono secco della porcellana ed il gorgogliare del vino nel bicchiere. Chi vuole provare l’ebbrezza  del soffio caldo della libertà gusti il suono della domenica.

martedì 27 marzo 2012

Caro Vasco, Dio è buono


Carissimi chierichetti,
anche questa volta vorrei usare il vostro (o nostro?) giornale per lanciare un messaggio ad un grande musicista. Sto parlando di Vasco Rossi, se non il primo, certo uno dei più ascoltati rocker italiani. Questa estate Vasco ha fatto molto parlare di sé per diversi motivi che tralasceremo vorrei leggere insieme a voi una canzone del suo ultimo disco che mi ha molto colpito e che richiede una ripresa.
“Manifesto futurista della nuova umanità”:l’ho sentita, anzi vista, per la prima volta in televisione una sera facendo zapping e mi ha subito colpito convincendomi a comprare il nuovo album (Vivere o niente, Vasco Rossi, EMI edizioni musicali). Inizia così:
La cosa più semplice \ Ancora più facile \ Sarebbe quella di non essere mai nato.
Ehilà, dico io, ma che visione pessimista!Soprattutto per un uomo di successo come lui. Continua:
Invece la vita \ arriva impetuosa \ Ed è un miracolo che ogni giorno si rinnova.
Ah beh, così è più equilibrata la visione. E poi attacca:
Ti prego perdonami, ti prego perdonami \ Ti prego perdonami se non ho più la fede in te.
Non ci posso credere! Tre volte la richiesta di perdono come nella Messa. Ma allora con chi parla Vasco?
Ti faccio presente che \ È stato difficile \ Abituarsi ad una vita solo e senza di te.
Eh, sì questa canzone non è solo una considerazione sulla vita, qui Vasco parla con Dio, è una preghiera vera e propria. Tanto è vero che nel video mostra una locomotiva in corsa classico simbolo del mito del progresso (come insegna Guccini) e sullo sfondo compare una grossa croce luminosa. Quando ho visto il video in Tv la prima volta mi è sembrato unico il fatto che Vasco facesse una considerazione così schietta della sua vita rivolgendosi a Dio. E’ vero, nel video sembra cantare con una certa ironia, ma le parole sono forti e dirette e rivelano una specie di fede in un Dio non ben definito che per lui c’è, ma che per lungo tempo si è fatto finta che non ci fosse. Credo che questa condizione oggi sia comune a molte persone.
Allora come mai ricompare Dio sulla scena? Vasco stesso risponde:
Mi sveglio spesso sai \ pieno di pensieri \ non sono più sereno \ più sereno com’ero ieri \ La vita semplice che mi garantivi \ Adesso è mia però \ È lastricata di problemi.
Ecco svelato l’arcano: abbandonare Dio è possibile, ma i problemi della vita rimangono. La canzone qui si fa generazionale: per un certo periodo molti hanno smesso di pensare e pregare Dio e sembravano stare meglio. Qualcuno diceva fosse morto, ora no, non più, Dio è tornato sulla scena.
Il dramma umano è tutto qui. Senza Dio io rimango solo e che faccio? Ho quasi finito anche la pazienza che ho con me . Quella, onestamente, la perdo  un po’ anch’io quando mi scopro a commettere sempre gli stessi peccati.
Sarà difficile non fare degli errori \ senza l’aiuto di potenze superiori. Sì, senza l’aiuto di Dio e  dei suoi angeli è difficile non fare degli errori. Ho fatto un patto sai con le mie emozioni \ le lascio vivere e loro non mi fanno fuori. Bellissimo questo finale sulle emozioni. Oggi tutti cercano emozioni e l’emozione sembra essere il criterio di tutti. Vasco lo sa bene, è bravissimo far emozionare la gente che infatti accorre sempre numerosa ai suoi concerti. Qui lui supera sé stesso e dice che le mozioni stesse però ti fanno fuori se non le controlli, se non fai “un patto”.
E’ incredibile amici come quelle che chiamano canzonette siano capaci di lasciarci molti spunti  di riflessione se le ascoltiamo con  intelligenza. Vorrei però concludere con un messaggio che indirizzo a Vasco con la presunzione che magari gli arrivi:

                Caro Vasco Rossi, Dio è buono. Non temere, quando chiedi perdono. Dio è misericordia e nonostante tutti i nostri errori ci ama immensamente. Possiamo averne combinate di grosse nella vita, ma se ci rivolgiamo a Lui con il cuore e domandiamo perdono Egli ci accoglie con la gioia di un Padre.

lunedì 26 marzo 2012

Prato Champions League

Nelle domeniche di quaresima, nel mio oratorio si fanno i giochi. Con un po' di orgoglio li abbiamo chiamati "Prato Champions League". Due squadre, verdi e rossi, si sfidano in giochi di tutti i tipi: castellone, bandiera, spazzola, pallabase ecc. più quiz vari. Siamo giunti fino ad un centinaio di ragazzi che partecipano.
Si inizia alle 15,30 e ogni ragazzo deve indossare la pettorina del colore della sua squadra. Alcuni animatori sono capi-squadra (tipo il Fede che è uno sfegatato dei verdi) altri fungono da arbitri, dettano le regole e danno i punti a chi vince. Alla fine, verso le 17 tutti si balla vicino alla statua della Madonnina poi si fa la preghiera a si annuncia il punteggio. Alla domenica delle Palme si gioca la finale, in palio c'è la coppa con le grandi orecchie zeppa di caramelle.
Quando sono tutti sul campo a giocare si alza un tale polverone che non si capisce più niente. Il grigio della terra mischia il rosso ed il verde con tutti gli altri colori della vita. Qualche bambino più piccolo vorrebbe giocare di più la palla, qualche animatore tenta di fregare per vincere, gli arbitri vigilano, diverse mamme sedute sulle panchine stanno a vedere e sorridono, qualche papà chiacchiera di calcio. Olli vigila su tutti dall'alto della sua sapienza. Un pezzo di terra, in periferia di Milano si fa cosmo verso

Cose terrene

«Non è dal modo in cui un uomo parla di Dio ma dal modo in cui parla delle cose terrene che si può meglio discernere se la sua anima ha soggiornato nel fuoco dell'amore di Dio»
Simone Weil

 - Penso che Dio sia più contento quando vi comportate bene e vi aprite agli altri coinvolgendo tutti e senza escludere nessuno. Dio ama uomini che sono corretti e che sanno quello che fanno. Si può credere o non credere, andare a messa o no ma la vera religione è essere onesti e usare sempre il buon senso. C'è molta gente che non va in chiesa ed è più onesta di tanti che vanno a messa e poi escono, si ubriacano, non pagano le tasse e sono sempre volgari. Che Dio è questo se non teniamo su tutto in conto le relazioni?

- Quando in TV c'è un partita del Milan io non sono libero. Devo correre di fronte ad un teleschermo, devo recuperare una tessera. Se qualcuno mi telefono non rispondo e se per sbaglio alzo la cornetta mi connetto solo con la metà della testa. Chi ha detto che non si può fare due cose insieme, io fino a tre reggo benissimo. Sono schiavo di una squadra che mi da amore e morte. Non so se siamo i più forti. Il gioco è sempre un equilibrio di fortuna e bravura ma abbiamo campioni a iosa e siamo nelle prime 8 d'Europa con merito. Capisco chi tifa gli altri e li rispetto, i sentimenti sono una cosa seria e non è mai bene opporvisi. Le ragioni quando se ne parla contano per pochi. Io tifo Milan perché a noi non interessa solo vincere, ci piace lo spettacolo. Lo abbiamo imparato con l'Arrigo: 89 minuti in attacco, 0 a 0 poi l'Ascoli parte in contropiede e ci fa gol. Ecco perché tengo al Milan perchè due volte la finale di Champions l'abbiamo vinta 4 a 0 stendendo gli avversari che si alzavano in piedi per applaudirci.
Una volta non ho potuto vedere un derby: c'era un amico che piangeva.

sabato 24 marzo 2012

Lazzaro

Stamattina ho percorso i circa cento metri che separano casa mia dalla chiesa. All'angolo della via sta una pianta che fino a ieri era un insieme di rami secchi ora sta sbocciando una corona intera di fiori. La primavera è un miracolo annuale che si ripete senza privare della gioia dello stupore. Tronchi che sembravano secchi mostrano di non aver smarrito la forza che aveva il seme. Non ci credevo neanche troppo quando li piantammo.
Ho fatto un tentativo in una classe. Ho chiesto: chi è per la guerra si sieda vicino al muro chi è per la pace vicino alla finestra. Tutti al muro si sono messi. Non sapevano dire bene perché, alcune dicevano per paura. Poi uno disse: morire si deve morire ma almeno io voglio combattere. Abbiamo tutti bisogno di stare da una parte e di usare il piccolo spazio della nostra libertà per qualcosa.
La crociata per la gioia inizia dal seminatore. Lui ha smosso la terra e si è buttato dentro. Spesso vengono giorni in cui si vede solo il tronco ed i rami non portano che sé stessi ma sta crescendo la linfa. Ci stai alla battaglia per la gioia? E' guerra quotidiana, è comandamento, è canto, è liturgia ed obbedienza. Ma soprattutto è danza, siamo uomini o ballerini?
Vieni nostro bell'amico e svegliaci, chiamaci a lasciare le nostre bende, consola le mie sorelle, fregatene delle trame dei poteri forti, spacca la nostra tristezza, dissoda il mio campo e chiama molti miei amici. Porta pazienza se non capisco, spiegami ma con pazienza. Cambieremo il mondo!

Via crucis

Nel mio oratorio in quaresima si fa la Via Crucis. Viene un sacco di gente: bambini, mamme, ragazzi, nonne, uomini e donne. I bambini fanno a gara per poter portare una delle croci che faccio muovere da una stazione all'altra. Si mettono tutti in fila e seguono in silenzio. 
Qualcuno in fondo al popolo (saranno 200 le persone?) chiacchiera, qualcuno mangia la cicca o il gelato. Io intono "uomo della croce". C'è un bambino che con cura ed un certo orgoglio regge la tromba del microfono.
Una volta da una finestra di un palazzo vicino qualcuno ha urlato una bestemmia, ma è stato una volta sola.
Non faccio tutte e 14 le stazioni, mi sembra di esagerare, faccio sempre solo quella della morte (non si può fare altrimenti) più altre sei o sette a rotazione. Ne commento solo un paio insistendo su un tema spirituale. Si conclude sempre vicino alla Madonnina cantando "ti ringrazio mio Signore".