giovedì 26 aprile 2018

Quel giorno d'aprile di F. Guccini - 2012

Non resisto alla tentazione di pubblicare questa canzone. L'Italia ha quasi sempre avuto dei poeti ufficiali: Carducci, Pascoli, Montale... ed ora? Uno c'è ma non fa il poeta: è un cantautore. Inutile negare che i cantautori italiani degli ultimi 70 anni abbiano soppiantato la funzione sociale della poesia. Ormai i loro testi si studiano a scuola (non senza molti rischi). A loro abbiamo affidato il genio della narrazione comune. Li cantiamo insieme sottotono o a squarciagola sotto la doccia, in macchina e insieme quando vogliamo essere uniti. Ne impariamo a memoria le strofe e chi ha il dono di suonare la chitarra ricercando gli accordi come magie per riprodurre quelle sensazioni.

Il mio preferito è (e credo rimarrà) Francesco Guccini.
Mi ha entusiasmato per la sua portata di critica sociale, mi ha fatto sbellicare con la sua ironia da comico di balèra, mi ha commosso con canzoni d'amore che ho impiegato molti anni a capire, mi ha affascinato nella capacità unica di descrivere la vita così com'è e lo ringrazierò per sempre per non essere morto sul palco ed essersi ritirato per anzianità come pochi sanno fare. Lo sento come un parente. Sarà che anche io ho origini appenniniche.


Questa canzone è passata sottotraccia ma noi gucciniani l'abbiamo avuta nel cuore da subito quando i maestrone di Pàvana ha voluto chiudere la carriera col suo ultimo disco, dichiarato, preparato, pubblicato e rimasto l'ultimo senza aggiunte. Non un finto ritiro, tutto vero.

Il cannone è una sagoma nera contro il cielo cobalto
ed il gallo passeggia impettito dentro il nostro cortile
se la guerra è finita perché ti si annebbia di pianto
questo giorno d'aprile

Ma il paese è in festa e saluta i soldati tornati
mentre mandrie di nuvole pigre dormono sul campanile
ed ognuno ritorna alla vita come i fiori dei prati
come il vento di aprile

La fine della seconda guerra mondiale ha aperto l'unico vero momento di felicità della nostra amata nazione. Dopo la nascita del Regno d'Italia segnata da contraddizioni enormi, errori politici e regnanti non eccellenti; dopo l'oscura prima metà del '900 con la tragica esperienza del fascismo e delle due guerre, si è aperta la stagione dei grandi partiti popolari ma soprattutto di un popolo liberato dalla guerra e capace di darsi una costituzione eccellente, figure politiche e morali di primo piano, il desiderio di crescere, di ricostruire, di vivere ecc. L'Italia contadina dei paesi, dei campanili  e delle case del popolo con un rapporto tra Chiesa e Stato finalmente pacificato ha avuto voglia di lasciarsi alle spalle l'orrore della guerra e dell'ideologia.

E la Russia è una favola bianca che conosci a memoria
e che sogni ogni notte stringendo la sua lettera breve
le cicogne sospese nell'aria il suo viso bagnato di neve 

E l'Italia cantando ormai libera allaga le strade
sventolando nel cielo bandiere impazzite di luce
e tua madre prendendoti in braccio piangendo sorride 
mentre attorno qualcuno una storia o una vita ricuce
e chissà se hai addosso un cappotto o se dormi in un caldo fienile
sotto il glicine tuo padre lo aspetti
con il sole d'aprile

Mi rifiuto di fare la parafrasi alla poesia che è talmente limpida ed evocativa da non necessitare altro. Faccio solo notare che la prima strofa sembra narrata da un bambino che vede tornare il padre dalla guerra mentre quella che segue è di una ragazza che ama e vorrebbe costruire il futuro.

E' domenica e in bici con lui hai più anni e respiri l'odore
delle sue sigarette e del fiume che morde il pontile
si dipinge d'azzurro o di fumo ogni vago timore
in un giorno di aprile

Ma nei suoi sogni continua la guerra e lui scivola ancora
sull'immensa pianura e rivela in quell'attimo breve
le cicogne sospese nell'aria, i compagni coperti di neve


E l'Italia è una donna che balla sui tetti di Roma
nell'amara dolcezza dei film dove canta la vita
ed un papa si affaccia e accarezza i bambini e la luna
mentre l'anima dorme davanti a una scatola vuota

Suona ancora per tutti campana e non stai su nessun campanile
perché dentro di noi troppo in fretta ci allontana
quel giorno di aprile.

Una donna che balla sui tetti di Roma mentre il Papa accarezza la luna è l'immagine più bella di ciò di cui abbiamo voglia oggi. La liberazione dalla noia e dalla bassezza, quella gioia che ti riempie il cuore e da la forza di affrontare la povertà e le difficoltà. Non si va molto lontano con l'indignazione, col risentimento e con la bassezza. Quanto desideriamo noi tutti, innamorati del paese più bello del mondo, ritrovare quello slancio, quella freschezza; essere meno calcolatori, meno dietrologi, meno lamentosi, meno burocrati. Tra i veri amori che ho recensito su questo blog non c'era ancora l'amore per la patria. Io amo l'Italia e non vorrei essere nato da nessun'altra parte. Amo i monti ed il mare, le città d'arte ed anche i paesini, la campagna, la musica, l'amore, le feste popolari, i campanili, l'orgoglio per la propria casa e la nostra lingua.
Buon 25 Aprile!

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