domenica 3 settembre 2017

Memorie dalla canonica

Non faccio certo parte di quelli che si lamentavano del caldo. L'estate è un libro con un solo verbo difettivo: zanzare. Ormai il vento e la pioggia hanno spazzato via quel residuo di sole legato al nome Agosto che il terribile Settembre non conosce. Gli studenti si attardano in quella inutile persecuzione chiamata compiti delle vacanze, le scuole riaprono, i vaccini si spandono a difendere la popolazione. Mi attardo nel vizio solito della malinconia scartabellando col topo in mano le foto dei campeggi. Come tutti i grandi scrittori sono attanagliato dal dramma della pagina bianca e spreco tempo in attesa di qualcuno che mi domandi.
Tornerete, cari amici, tornerete ai vostri intervalli e ai vostri banchi di sudore con quel vecchio professore che ti ha rubato il tempo con la sua mediocrità (cit.). E la mia invidia cresce nell'essere lontano dalla campanella e dal registro che vi perseguitano.

Ma voglio scegliere una foto, cedendo al vizio postmoderno. Una foto che dica ciò che abbiamo tentato di fare. Una foto che mostri il cielo e la terra, vecchi che saranno nuovi. Cielo e terra che contempliamo come segno e come dono. Su sentieri polverosi, dove una volta vincevano le nevi eterne abbiamo camminato insieme. Non è un'idea nuova, lo so (non ne ho mai di nuove e quelle che trovo mi fanno diffidare). Niente di nuovo sotto il sole, tempo di nascere, tempo di crescere e tempo di amare. A me è dato il tempo migliore che è poi il vostro. Come un campo da arare, come un seme da sprecare, come parola abbracciata, parola sussurrata in una notte sotto le stelle parola da accarezzare.

1 commento:

  1. un piacere leggerti,
    una grande gioia aver condiviso.
    grazie del tutto che ci hai dato.

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