venerdì 19 maggio 2017

Lecco, una città PER giovani?

Due amori diedero origine a due città, alla terrena l'amor di sé fino all'indifferenza per Iddio, alla celeste l'amore a Dio fino all'indifferenza per sé. Di questi due amori l'uno è puro, l'altro impuro; l'uno sociale, l'altro privato; l'uno sollecito nel servire al bene comune in vista della città celeste, l’altro pronto a subordinare anche il bene comune al proprio potere in vista di una dominazione arrogante; l'uno è sottomesso a Dio, l'altro è nemico di Dio.


De civitate Dei, Agostino di Ippona , XIV, 28

La questione che è stata posta questa sera si articola attorno a tre parole: Lecco, Città e giovani. Sono tre temi che possono essere presi da molti punti di vista e ci auguriamo che questi stessi siano sempre più ampi, articolati e approfonditi. Io vorrei attirare l'attenzione però sulla preposizione semplice “per” (che ahimè contiene una erre) sulla quale ruota la mia riflessione. Potrei quindi rigenerare la domanda in maniera diretta dicendo: tu per chi sei? Provo ad argomentare.


La città
1. Il Manzoni scriveva: “Lecco un gran borgo che s'incammina a diventare città” Se volessimo scattare una teorica foto di come è messa oggi Lecco non potremmo che riconoscere che Lecco è oggi come ieri si è voluta che fosse, nel bene e nel male. Cioè ogni città è l'esito di ciò che i suoi abitanti scelgono di volere, di amare. Lecco è il risultato di ciò che i nostri nonni ed i nostri padri hanno voluto e preferito. Tra le mille Lecco possibili oggi ci troviamo in mano l'unico concreto frutto di ciò che ha voluto e potuto fare chi è venuto prima di noi. Se volete si tratta di una osservazione un po' banale ma mi sembra importante riconoscerlo. La funzione dei giovani oggi dovrebbe essere quella di chiedera a genitori e nonni: perché è così? Per chè e per chi c'è questo o quello o perché e per chi manca questo o manca quello?
Ecco l'importanza di una serata come questa nella quale proviamo non a porci un problema organizzativo ma proviamo ad affrontare una visione un po' più ampia. Non stiamo discutendo di quanto far pagare le salamelle alla festa rionale o se sia bella o meno la ruota sul lungo lago. Dovremmo chiederci piuttosto: perché impegnarsi nelle associazioni? Perché fare le feste? Perché fare il carnevale? Li vogliamo? Una città viene costituita dal complesso delle scelte che facciamo oggi ad ogni livello, in Comune, nelle Parrocchie e nelle associazioni religiose, nelle cooperative, nelle fabbriche, nelle scuole, negli uffici, negli ospedali, nel campo del Bione, nei bar, nelle famiglie, ecc. nessuno escluso. E' importante che facciamo insieme questa operazione e non lasciamo che la città si formi in maniera inconsapevole. La città è formata da questo incrociarsi da questo incontrarsi. Questo è dialogo non chiacchiera.

I giovani
Ho provato più di una volta ed in contesti diversi a rivolgere soprattutto ai miei giovani amici questa domanda: Lecco è una città per giovani? Non so voi ma il più delle volte mi sono sentito rispondere di no. No perché manca il cinema, mancano i locali, mancano le strutture sportive, ecc. ecc. Gli adulti interrogati su questo punto un po' concordano un po' dicono: sì ma i giovani dove sono? Cosa vogliono? non si capisce. In effetti nel mondo giovanile c'è oggi un problema di rappresentanza. Gli stessi appartenenti ad una associazione se parla un loro socio non si riconoscono l'un nell'altro. Questa sera va certamente apprezzato il tentativo di rappresentare il mondo giovanile nella sua poliedricità. La politica e la Chiesa non paiono oggi luoghi molto significativi per i giovani. Forse il mio è un partito preso ma mi sa che la politica se la passa peggio della Chiesa, il che è tutto dire. In generale si riconoscono i giovani nei momenti di festa, di svago: i giovani si vedono al nameless o alla festa di san Patrizio o simili.
Lancio la mia provocazione ai giovani. Per chi vivete? E' molto importante farsi questa domanda: tu per chi vivi? Il totem, l'idolo cui ci si rivolge è quello della propria autorealizzazione, della felicità personale nel senso di individuale. La felicità è mia e la decido io semmai con qualche amico o al massimo con la morosa, sembrano dire i più. Qui c'è una ingenuità da superare: la relazione, anche quella meno impegnativa, domanda la riflessione sulla città. Mi spiego. Se ti innamori di una ragazza e coltivi con lei una storia hai bisogno di una città, perché hai bisogno di un letto per dormire, di un tavolo per mangiare, si una casa, di una strada che ci arrivi, di una scuola ecc. ma anche tra amici abbiamo bisogno di una piazza, di un locale di un campo da calcetto ecc. Insomma la città è all'interno della nostra vita pensare che non centri con me è una ingenuità. Ed anche pensare ad una citta senza nomi è una ingenuità: togliete a Lecco nomi come Germanedo, san Giovanni, chiuso, castello, Pescarenico e vi ritroverete senza nulla in mano o comunque molto più poveri. Senza nomi – nameless – non si fa una città.
Proprio per questo il fatto che a Lecco manchi questo o quello indica che c'è molto da fare e se c'è da fare ci sarà bisogno di idee, energie, amore che sono quelle soprattutto dei ragazzi e dei giovani oggi. Ci sono molte cose da fare, bisogna che qualcuno inizi ma è molto meglio se lo si fa insieme e dialogando con tutti. Attenzione non intendo in interminabili tavoli di mediazione, io odio le riunioni occorre però una visione intelligente e ampia che non ha paura del dialogo e del confronto con chiunque anzi che si arricchisce nel confronto. Il mio interesse è che tu faccia bene, che tu stia bene, il tuo bene fa bene anche a me. Se due si amano e fanno una famiglia o una cooperativa e mettono su una bella iniziativa fanno bene anche a me. Mai temere la concorrenza piuttosto stimare la bontà interrogando: per chi state facendo questa cosa? Per cosa vivete? Cosa avete a cuore? Allora da che parte partire?

Lecco
Qui c'è un vantaggio innegabile, non si parte da zero. Non solo per la bellezza del paesaggio a per i tratti tipici di Lecco che anche io, milanese, apprezzo molto. Ne indico alcuni a me molto chiari e frutto dell'osservazione delle anime dei lecchesi, tratti ben visibili dagli anziani fino ai bambini della prima Comunione.
Innanzitutto la serietà, il rigore, frutti della cultura del lavoro. A Lecco non piacciono troppo i perditempo o i chiacchieroni, si ama la concretezza, si apprezzano la dedizione ed il sacrificio. Che ci fossero tanti fabbriche che hanno prodotto ricchezza non è un caso, è uno stile. Questo è buono e va conservata questa serietà. Me ne accorgo in ogni ambito. La cultura del lavoro è un patrimonio. Un Prevosto passato amava dire: i lecchesi sono come il ferro che lavorano, se gli dai una martellata te la danno indietro, ma se gli dai la piega la tengono. Credo che sia vero. Inutile litigare, sparare o polemizzare, piuttosto occorre educare, pazientaree soprattutto incoraggiare.
In secondo luogo la capacità di essere attenti ai bisogni concreti dell'altro. Anche questa è una scelta già fatta e da non abbandonare. Pensate a tutti i nostri amici missionari nelle più remote zone del mondo, pensiamo all'opera di don Luigi Monza o oggi della Casa sul pozzo o del nostro vicino di Como don Guanella. Ma anche alle caritas, ai doposcuola ecc. ecc. questo è il modo di costruire la città che qui è stato voluto scelto e perseguito.
Un terzo profilo per me molto interessante è l'equilibrio nel rapporto con la natura. Ancora oggi il profilo migliore del nostro panorama si ammira là dove l'opera dell'uomo ha saputo mantenersi in equilibrio con la bellezza del creato. Non amiamo i palazzoni amiamo la casa a due piani. Questa è una scelta: conservare la bellezza di una natura a portata di mano con cui si convive in spazi stretti nel rispetto reciproco. Oggi che le potenzialità della tecnica sembrano arrivare a tutto credo che convenga non disperdere questo patrimonio di equilibrio, rispetto, custodia. C'è molto da fare e da inventare in questo senso

Concludo ripetendo ciò che è detto: la città sarà domani ciò che scegliamo e come scegliamo di farla. Il grande Agostino di Ippona nella sua opera maggiore intitolata La città di Dio diceva che ci sono solo due amori possibili, l'amore egoistico per sé stessi e l'amore per l'altro (con la A maiusola per chi crede e minuscola per tutti). Dalla scelta tra questi due amori dipende la Città. Tu per chi vivi?

2 commenti:

  1. Sebbene sia in stile colloquiale, non è proprio quello che ho detto. L'emozione mi ha un po' tradito.

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  2. bravissimo come sempre. Considereazioni da meditare anche nelle altre citta' .

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