lunedì 3 aprile 2017

La Chiesa di popolo

La visita di Papa Francesco a Milano nel giorno dell'Annunciazione è stata certamente un evento memorabile. Dalla sera stessa ad oggi si sono susseguiti diversi commenti di varia origine e natura, più o meno interessanti e più o meno intelligenti. Desidero aggiungere il mio per introdurre un tema che non ho sentito trattare. Come tutti sappiamo i fatti sono fatti e per quanto stimolino la nostra capacità di comprensione non sono mai riducibili interamente ad una sola spiegazione.
Partiamo dalle chiacchiere da bar,
grande passione italiana, sia che si tratti di bar dell'Oratorio, di giornali cartacei o di post da faccialibro.
Si è fatto un gran parlare del ritardo con cui il Papa ha risposto all'invito dell'Arcivescovo a venire in visita a Milano. Papa Francesco non è venuto all'Expo del 2015. L'evento era di carattere laico e commerciale. E' stato un passaggio importante per Milano che è diventata "l'unica città italiana che sorride" la visita del Papa non è arrivata in quel momento probabilmente il Papa ha avuto una saggia intuizione. Poi è passato l'anno del Giubileo della misericordia - una grazia enorme - ed il Papa è stato troppo impegnato. Qualcuno ha voluto vedere una non-simpatia tra Il vescovo di Roma e quello di Milano. Per me è una stupidaggine. La visita è arrivata sul finire dell'episcopato del Cardinale Scola. Mi pare che lo Spirito Santo conduca davvero la Chiesa perché la visita è caduta in un momento davvero opportuno.
Si è fatto un gran parlare di una presunta rivalità tra Scola e Bergoglio al Conclave. Un'altro fake nelle interpretazioni. Nessuno che sia sano di mente si sogna davvero di desiderare di essere Papa. Anzi, non è chi non veda che qualora uno sognasse di diventare Papa e si adoperasse lecitamente o meno per questo scopo dichiarerebbe col suo steso agire di essere la persona meno adatta ad assumere il ministero petrino. Lasciamo ai politologi che passano dal congresso del PD all'analisi del conclave di dilettarsi con queste letture.
Ci sono stati poi i commenti di molti che alla domanda: come è stata la visita del Papa? hanno risposto e rispondono con osservazioni tipo: a Monza faceva caldo, abbiamo camminato per due ore, il pullman aveva i posti stretti, l'audio a san Siro non funzionava ecc. Vabbé lasciamo stare... Imputiamo questi commenti non tanto alla grettezza degli animi quanto alla ritrosia nel testimoniare la gioia che prende talvolta la nostra gente.
La visita del Papa è stata una grande grazia per tutta la Chiesa di Milano e non solo. Alle domande degli uomini di Chiesa un po' sconfitti il Papa ha saputo rispondere infondendo gioia e speranza secondo il carisma del suo compito di Pastore universale e con quel suo tocco di testimonianza personale ormai inconfondibile.
Si dice, invece, che anche Papa Francesco sia rimasto colpito dall'evento. Di questo siamo orgogliosi. Forse Bergoglio non ama gli eventi di massa e le masse oceaniche, forse predilige il contatto umano ed il dialogo ravvicinato. Non so se sia così. Certamente è un campione della comunicazione. Appena arrivato a san Siro (non pareva per nulla affaticato) è stato accolto da un fremito di gioia. Si è seduto e ha detto: "buonasera". L'evento ha cambiato faccia. Abbiamo riconosciuto la voce del buon Pastore e lo abbiamo ascoltato come se fossimo seduti in salotto con il don della nostra adolescenza. Non so se ami o meno i grandi eventi, io ho avuto la netta sensazione che fosse a suo agio.
A questo punto avanzo la mia tesi: il Papa si è accorto della corrispondenza tra uno dei suoi luoghi teologici più amati e ripetuti e la realtà che aveva davanti: il popolo.
Come ha detto più volte il nostro amato Cardinale, dalla elezione di Bergoglio in poi la Chiesa europea è stata provocata seriamente ad un ripensamento. Improvvisamente è salito al soglio pontificio un uomo venuto dalla fine del mondo che utilizza parole, categorie, modalità che hanno obbligato tutti a ricentrarsi. Bergoglio ha fatto molte volte riferimento alla fede del popolo ed all'esperienza della Chiesa del Sud America. Realtà che noi conosciamo assai poco e non senza una certa colpa dato che brasiliani, peruviani, argentini, ecuadoreni, ecc. abitano in abbondanza le nostre città. Ricordo sempre con simpatia gli alunni NAI (Nuovi arrivati in Italia) che avevo a scuola sgomenti di fronte alla volgarità del nostro ateismo e continuo vilipendio della religione. Venivano da una esperienza in cui la religione non era ai margini della vita ma al suo centro. Ho ben presente la fatica dei sudamericani di inserirsi in parrocchie con liturgie spente e interminabili riunioni organizzative prive di gioia. Papa Francesco si è sempre riferito all'esperienza vitale della fede del popolo. Ha lasciato anche in secondo piano la sua grande formazione spirituale e letteraria che ha radici molto vicine alla nostra. [Spesso il nostro Cardinale ha tentato di farci notare queste comune radici ma quasi nessuno le ha ancora elaborate. I libri spirituali della Francia dell'otto-novecento non sono più molto in voga da noi sebbene si trovino ancora nelle librerie dei preti o degli iscritti all'Azione Cattolica formati fino agli anni '70.]
A Milano tuttavia sussiste una tradizione ancora più antica. Il mito fondatore della nostra Chiesa racconta che un bambino durante una difficile assemblea abbia gridato: Ambrogio vescovo! E che da quel momento tutto il popolo abbia insistito fino a vincere le ritrosie dell'amministratore romano ad assumere la cattedra ecclesiastica. A Milano attraverso tutte le epoche storiche la fede è sempre stata conservata dal popolo, ancora oggi. E' una tesi che non ho modo e capacità di fondare con precisione ma lancio questa ipotesi: non è che nell'idea di fede del popolo che predica Papa Francesco noi possiamo ritrovare qualcosa di molto più antico e tradizionale di ciò che pensiamo? Non dobbiamo abbandonare l'idea di un Francesco rivoluzionario per scoprire che ci sta dicendo di risvegliare semplicemente ciò che siamo? Non sarà mica necessario abbandonare intellettualismi, tecnicismi e tristezze varie per riprendere la via della vita in profonda comunione con il nostro buon pastore venuto dalla fine del mondo? Non sarà forse il contatto con questo pastore intelligente, umile e divertito una grazia necessaria a riscaldare e risvegliare il nostro popolo sonnolento ed infreddolito?
Con le debite differenze, con la retta ragione, con un sano timor di Dio e con un bel po' di umorismo credo che avremmo da guadagnarci parecchio.

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