sabato 25 luglio 2015

Molto tempo fa' ebbi la fortuna di imbattermi nel Cardinale Giacomo Biffi

Molto tempo fa' ebbi la fortuna di imbattermi nel Cardinale Giacomo Biffi. Ero in un periodo assai probante della mia vita con molto lavoro e molte tensioni. Mi accorgevo però che nel mondo non si può stare se non con una ipotesi di partenza. Io chi sono? Tu chi sei? ci insegnava ad interrogare con ignaziana precisione il Cardinale Martini di cui ci vantiamo di essere figli della vecchiaia.

Mi interrogavo profondamente su quale fosse il mio ruolo in questa realtà confusa e sconquassata, anzi con una parola cara ai Biffi "squinternata" (cioè che ha perso i quinterni mi spiegò Inos). Più lavoravo nel campo magnifico dell'educare, più giocavo, più cantavo, più animavo, più insegnavo più cresceva in me la domanda che non vedo molto ripresa oggi con triste superficialità: per cosa e per chi faccio tutto questo? Simpatici amici della PG rispondevano sorridenti e beoti: sì mi diverto. Divertirmi non mi è mai bastato nemmeno a 15 anni figuriamoci a 30!

Ho iniziato a cercare e a interrogarmi: cosa sto proponendo? di quale Signore parlo? Quale vangelo predico? Non possiamo lasciare scoperta la questione di fondo. Potrei diventare ciellino come hanno fatto molti amici dimostrando una certa serietà nel prendere la propria vita. Il movimento però non fa per me, io sono statico da sempre. Il brivido mi scende sulla schiena solo quando l'emozione coinvolge la ragione ed il cuore fino in fondo. Quando si sente che tutto torna e tutto si rischiara come in un pomeriggio di sole e brezza. Posso continuare a lungo a dire chi non sono e che questo non va bene o che quell'altro ha dei limiti ma io chi sono? da che parte sto?  Ho anche contestato molti modelli e ho fatto a fette decostruendo ogni significato. E' fin troppo semplice prendersela con qualche sussidio o qualche testo di risulta ed è fin troppo facile fare a fetta questi parroci sessantottini di cui siamo pieni e che ci stanno sfasciando a colpi di lectio trite e ritrite e iniziative di compassione più che di carità, di autoesaltazione più che di arte vera. Per sapere chi siamo abbiamo bisogno di sapere di chi siamo figli. Il grande errore del '68 è stato ritenere che tutti i padri fossero da far fuori.

In un incontro di decanato mentre esprimevo qualche perplessità su non ricordo cosa sentii don Fabio Baroncini dire che avevo la stessa posizione di Giacomo Biffi. Mi ricordai che il mio prete dell'oratorio mi aveva regalato due libri di questo curioso autore, Contro Mastro Ciliegia e La Sposa chiacchierata. Tornai a leggere quei testi alla ricerca della conferma di quatnto avevo sentito. Comprai poi le Memorie e digressioni di un italiano Cardinale e fu la folgorazione. Avevo trovato di chi ero figlio, da dove venivano quei pensieri. Finalmente un autore che scrivesse le cose che pensavo e che mi insegnasse ad approfondirle e a raffinarle. Iniziai a leggere con avidità tutti quei magnifici testi bianchi pubblicati dalla Jaca Book. Finalmente qualcuno che non parlasse male della Chiesa e dei preti! finalmente qualcuno che mi aiutasse a capire la dottrina e che avesse stima del catechismo! Finalmente un pensiero che non ti desse la sensazione che leggere il breviario sia solo il residuo di una abitudine tridentina da sopportare.

Poi presi il coraggio in mano e gli scrissi per essere ricevuto. Partii da Milano con l'impressione di commettere un torto alla Chiesa di Martini e Tettamanzi. Fui accolto con cordialità e ascoltato con intelligenza ed umorismo da un personaggio che avrebbe potuto essere un mio prozio. Simpatico e tagliente, libero e profondamente cattolico. Il Cardinale Biffi aveva il gusto della paternità e sapeva bene cosa voleva dirmi. Non ebbi subito il coraggio di chiedergli tutto ma il dialogo con lui non era un problema aveva sempre qualche aneddoto gustoso da raccontare. Quella che credevo sarebbe stata un visita formale fu un pomeriggio bellissimo. Ricordo in pieno la gioia con cui rifeci la Bologna Milano cantando a squarciagola Guccini e con la capacità di telefonare ad amici che non sentivo da anni. La gioia di trovare un padre è impareggiabile. Siccome non sono fesso ci tornai ogni anno senza mancare e ne vennero quei dialoghi che talvolta ho raccontato (anche se qualche confidenza la tengo solo per me).

Ci fu poi l'elezione di Papa Benedetto, la questione del Lezionario ambrosiano, la nomina di Scola e le altre mie vicende personali. Biffi è stato per me un padre. Da lui ho iniziato ad amare sant'Ambrogio e la tradizione ambrosiana di questo ultimi due secoli che mi era rimasta ancora un po' distante. Era un maestro del pensiero capace di centrare la questioni con una sola frase e spesso con una battuta. La sua libertà si è espresso soprattutto in una singolare libertà di giudizio. Mai nessuna paura della contestazione o di non essere compreso. Profondamente radicato nella certezza che avere per nemici i giornali è quasi un onore ma mai e poi mai mettere in difficoltà i semplici o i poveri. La fierezza dell'essere appartenente a Cristo, cattolico e sacerdote era una costante nel suo ragionare ma non aveva nessuna inclinazione per il clericalismo né liturgico né affettivo di cui sono schiavi molti presbiteri oggi.

Per questo sono andato ai suoi funerali. Ho ringraziato un uomo che mi ha aiutato a stare nel mondo e ha dato alla mia persona così complessa ed inusuale il senso di poter essere nella Chiesa con tutto me stesso, compresa la passione per il calcio, la pipa e la politica. Occhio a far fuori tutti i padri perché poi non resta nulla. Per diventare grandi abbiamo bisogno di uomini grandi che ci facciano crescere. Io uno l'avevo trovato. Ora però non mi sento solo. Certo ho pianto, ho pianto assai. Ho chiesto al Signore di avere un po' del suo spirito libero. Non venite a dirmi che quella Chiesa è finita. Che baggianata! la Chiesa è una e una sola e non finisce mai e quella di adesso è solo confusa e impaurita. Certo, qualche vescovo un po' più libero e meno preoccupato dei giornali lo vedremmo davvero con gioia.


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