giovedì 11 febbraio 2016

C'è davvero bisogno dell'Oratorio?

Un ottimo parroco delle nostre parti ha costruito un nuovo edificio per l'Oratorio del suo paese. Ha fatto davvero un bel lavoro. Nella settimana di don Bosco ha organizzato una serata per collaboratori ed amici dal titolo semplice e chiaro: l'Oratorio oggi. 
Con mia grande stupore sono stato invitato a parlare. Devo ringraziare molto questo parroco simpatico e concreto figlio della migliore tradizione lombarda perché era un bel pezzo che nessuno mi invitava più a parlare (cosa che non mi spiego dato che oltre ad essere molto bello credo anche di essere un buon oratore).
La serata ci ha posto davanti a diverse questioni che oggi spesso si dibattono negli ambienti parrocchiali: i giovani non frequentano la parrocchia, le famiglie non educano molto alla fede, dei preti ci si fida un po' meno, l'immigrazione cambia il volto dei quartieri, le vocazioni sono sempre meno ecc. ecc. Sono stato invitato a dare voce e molti pensieri che faccio tra me e me nell'attesa di trovare ambiti in cui ragionare su questi temi. Potrei riassumere le questioni in questa domanda: C'è davvero bisogno oggi dell'Oratorio?
Gli affetti mi hanno subito condotto a ricordare che la mia stessa vocazione è nata in Oratorio. Ancora prima della vocazione potrei rifermi alla decisione più importante della mia vita: essere cristiano. Mi aggiravo per la Milano degli anni '90 con una buona educazione, un carattere mite e tanta voglia di crescere; frequentavo un Liceo milanese con risultati buoni (non ottimi); giocavo a pallavolo senza pretese e coltivavo amicizie con un giro di compagni di classe molto simpatici con cui ci sentiamo ancora oggi. Allo scoppiare delle domande di senso sulla vita mi accorsi di avere in tasca un tesoro dal valore inestimabile che, al contrario dei miei amici, non avevo abbandonato del tutto dopo la Cresima. La faccio breve. Attorno ai quindici anni decisi di rientrare in Oratorio complice un prete che nonostante la mia latitanza da catechesi e vita parrocchiale non aveva smesso di accogliermi e sorridermi. Nel tornare in Oratorio provai una gioa diversa, una gioia insolita (Cfr Lewis). Iniziai a capire che lì mi sentivo più libero e felice che negli altri ambienti. 
Era il 2 giugno 1995 quando mettemmo in scena un semplice teatro, una commediola senza troppe pretese, che fu un piccolo successo per la vita oratoriana del tempo. La sera stessa andai a letto ancora carico di emozione e feci fatica a prender sonno. Nei sogni di quello notte improvvisamente vidi dei ragazzi che giocavano a pallone su di un prato. Ai bordi del campo il classico mucchio di zainetti e felpe abbandonati per il serio impegno del gioco e a bordo campo la figura di un uomo vestito tutto di nero, in abito talare... ero io! Fu la prima volta che mi figurai di poter essere prete.
Non mi dilungo ma vorrei solo dire che la mia vita è stata decisa anche in base a questa forma unica e vera della vita cristiana. Un campetto, una cappella, un pallone, il teatro, l'intelligenza, gli amici, il "gruppo", i ritiri, le vacanze, le lodi, i canti ecc. L'Oratorio, insomma! Chi lo ha vissuto e lo vive lo sa. Chi non lo ha vissuto... mi spiace per lui ma glielo consiglio.
Torno a quella che è una vera domanda: c'è bisogno, oggi, dell'Oratorio?
Spero che qualcuno dei miei attenti lettori risponda e magari mi aiuti a capire e a riprendere perché e come fare Oratorio oggi. Magari anche indicando a cosa stare attenti. Le statistiche certo aiutano ma le testimonianze ancora di più. A voi la penna.

3 commenti:

  1. A prima vista pare una domanda un po’ pleonastica, retorica, la cui risposta è scontata: - Certo che c’è bisogno ancora di Oratorio oggi! - . Pensandoci meglio sembra anche un po’ generica: “c’è bisogno” …. ma qual è il soggetto/oggetto di questo bisogno?, chi potrebbe averne bisogno: i ragazzi, adolescenti, giovani?, le famiglie?, la società?, la Chiesa?, chi?
    A ben guardare però la domanda non è per niente retorica, pleonastica: ogni istituzione deve esserci solo se ha un senso, uno scopo, meglio ancora, se risponde a uno o più bisogni.
    Anche per l’Oratorio quindi, che istituzione è di certo, vale la regola, perciò è doveroso interrogarsi.
    L'Oratorio non è sempre esistito, non sappiamo di oratori al tempo di Gesù, per esempio, e per molti secoli dopo; tuttavia ad un certo punto i primi segnali di istituzioni simili ad oratori cominciano a delinearsi.
    Non è questo il luogo per dilungarsi in ricostruzioni storiche, magari alla ricerca di primogeniture territoriali o d’altro genere, ciò che importa per la risposta che andiamo cercando è aver ben chiaro che fin dagli inizi vi è il desiderio, radicato in persone dal cuore autenticamente cristiano, di rispondere a bisogni che l’umanità del tempo poneva.
    È sempre il bisogno dell’uomo e l'amore per l'uomo che deve muovere il fare del cristiano, il suo operare nella vita.
    Fin dall’inizio ciò è del tutto vero per l’istituzione Oratorio che nasce proprio dal desiderio di farsi carico dei bisogni d’istruzione (non solo religiosa), di assistenza, di cura, di accompagnamento …. dei fanciulli e giovani e, attraverso essi, delle loro famiglie, della comunità civile e, ultimamente, della Chiesa: secondo l’antico adagio “bravi cristiani, onesti cittadini”.
    È attorno a questo motto, risalente all’epoca post-tridentina, ripreso poi successivamente, specie nell’ottocento asburgico, quindi da don Bosco e fino al "nostro" don luigi Verri, che si sviluppa il modello Oratorio come l’abbiamo conosciuto e come è ben tratteggiato da te don Filippo.
    Quindi se ragioniamo da questo punto di vista la tua domanda diventa: -abbiamo ancora bisogno di “bravi cristiani e onesti cittadini?” …… guardiamoci intorno, quali virtù paiono scarseggiare maggiormente in questo nostro tempo? Testimonianza cristiana e onestà civica sono di certo tra questi!
    Quindi ora alla tua domanda rispondo convintamente con un SÌ grande come un palazzo, ma riprendo e rilancio anche la necessità di porsi la domanda più radicale e conseguente: quale Oratorio oggi?; anche in questo la storia dei nostri oratori, del nostro Oratorio, ci può dare interessanti spunti di riflessione.
    Un punto di partenza l’avrei ……. non lo dico ora …… diamoci il luogo e il tempo per iniziare la discussione.
    Mauro.

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  2. Le domande emerse quella sera mi stanno facendo riflettere molto. Parto proprio dalle tue prime parole: l'oratorio che ho sognato; l'oratorio che ho vissuto e scusami se ora metto il verbo alla prima persona plurale: l'oratorio che DOBBIAMO fare. Concordo nel definire "l'oratorio come la buona notizia", come la traduzione concreta di ciò che sentiamo in Chiesa. "e' VITA e GIOIA,come lo e' il cristianesimo". Mi ha colpito molto quando hai sottolineato la parola "POPOLARE". Quando l'hai proposta per la festa di fine anno ho arricciato il naso, ma adesso la interpreto in un modo diverso tutto nuovo...ed hai ragione! "i confini devono essere spostati un po' più in là per farci stare dentro un po' tutti" con alcune regole certo, ma l'oratorio deve essere una SFIDA aperta a tutti! Don Matteo ha poi ricordato che l'oratorio e' il luogo DEI e PER i RAGAZZI (i protagonisti dell'azione) con adulti che li affiancano nella loro crescita. E anche...partendo da domande come:" sono convinto della bontà dell'oratorio? Delle sue proposte e delle sue specificità?" Riusciremo a dar vita al nostro. Le altre:"quale identità? Quale stile educativo? Quali paletti?" Sono da definire come diceva Mauro in altra sede, ma noi dobbiamo pensare già ad una CASA, dove possiamo vedere una "PALESTRA DI UMANITÀ" e un "PONTE" verso la complessità culturale e sociale di oggi. Il dialogo con le famiglie dovrà essere significativo sicuramente! Don Marco ha distinto: Famiglie da servire, da svegliare e famiglie che servono. Un argomento molto interessante e da sviluppare a mio parere. E poi...come ha concluso don Roberto: " far crescere la PASSIONE ponendo molta attenzione a CHI VIVE l'oratorio". Al consiglio dell'oratorio Giovanni ha detto una bellissima frase, che traduco partendo non solo da chi ci guida, ma anche da noi stessi:facciamo brillare i nostri occhi e quelli dei bambini che ci sono affidati. Il senso di appartenenza e la nostra identità di comunità cristiana potrà emergere.Mi piace il motto finale di quell'incontro o non mi ricordo se e'il titolo di una raccolta della diocesi di Bergamo: "IL FARE E' UNO STARE!". Buon lavoro a tutti noi. Paola

    12 febbraio 2016 15:37

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  3. C'è bisogno di un luogo, di una "casa", in cui una persona si senta accolta per ciò che è, valorizzata, sostenuta, corretta, in sintesi amata. Un luogo in cui una persona possa mettersi in gioco. Un luogo di autenticità e di educazione. Solamente essere stati accolti dalla Chiesa (cioè da una persona che ti permette di incontrare la Persona di Cristo), può permettere uno sguardo così sull'altro. Uno sguardo così, che si delinea nella concretezza (dalla catechesi, alla partita di pallone, allo spettacolo, al doposcuola, alla chiacchierata...).
    C'è bisogno di persone così, in luoghi col cancello aperto, dove si sa che si può andare; c'è bisogno di persone così, capaci di uno sguardo accogliente, di un incontro autentico, anche oltre i confini del campetto, del sagrato. C'è bisogno che nell'oratorio, nella cpmunità cristiana, si formino autentici cristiani.
    Non so se ho risposto alla provocazione.

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