Io sono Ratzingeriano - 3
Iniziai ad interessarmi al Papa come teologo. Cercavo i suoi scritti e li trovavo sempre chiari e illuminanti. Si smuoveva in me una nuova passione per la teologia.
Non più una materia di scuola su cui faticare ma l'intelligenza della realtà. Avevo in mano problemi reali, quelli posti ogni giorno dalla vita che conducevo, il pensiero del Papa mi aiutava ad impostarli con correttezza e senza perdere la speranza.
Nel giro di un anno abbandonai le vecchie categorie (le dinamiche spirituali, le sporgenze antropologiche, il primato delle relazioni, la Pasqua di Gesù ecc. ecc.). Fui come illuminato da una nuova luce. Mi ritrovai totalmente a mio agio in una scuola nuova. Una teologia chiara e rigorosa, rispettosa del mistero, onesta e profondamente segnata dalla conoscenza della Parola di Dio, del dogma e della storia della Chiesa. Pian piano la fede stava illuminando la mia povera intelligenza. Scoprivo la bellezza della dottrina come verità del rapporto vivente e come passaggio decisivo nella vita della Chiesa. Quelle povere vittime che erano i giovani della parrocchia si sorbirono non so quante riproposizioni di omelie o catechesi benedettine.
Si ma risentite qualche passaggio dell'omelia finale del Convegno di Verona del 2006:
Dal giorno della
Pentecoste, infatti, la luce del Signore risorto ha trasfigurato la vita degli
Apostoli. Essi ormai avevano la chiara percezione di non essere semplicemente
discepoli di una dottrina nuova ed interessante, ma testimoni prescelti e
responsabili di una rivelazione a cui era legata la salvezza dei loro
contemporanei e di tutte le future generazioni. La fede pasquale riempiva il
loro cuore di un ardore e di uno zelo straordinario, che li rendeva pronti ad
affrontare ogni difficoltà e persino la morte, ed imprimeva alle loro parole
un’irresistibile energia di persuasione. E così, un manipolo di persone,
sprovviste di umane risorse e forti soltanto della loro fede, affrontò senza
paura dure persecuzioni e il martirio. Scrive l’apostolo Giovanni: "Questa è la
vittoria che ha sconfitto il mondo: la nostra fede" (1 Gv 5,4b). La verità
di quest’affermazione è documentata anche in Italia da quasi due millenni di
storia cristiana, con innumerevoli testimonianze di martiri, di santi e beati,
che hanno lasciato tracce indelebili in ogni angolo della bella Penisola nella
quale viviamo. (...)
Noi siamo gli eredi di quei testimoni vittoriosi! Ma proprio da questa
constatazione nasce la domanda: che ne è della nostra fede? In che misura
sappiamo noi oggi comunicarla? La certezza che Cristo è risorto ci assicura che
nessuna forza avversa potrà mai distruggere la Chiesa. Ci anima anche
la consapevolezza che soltanto Cristo può pienamente soddisfare le attese
profonde del cuore umano e rispondere agli interrogativi più inquietanti sul
dolore, l’ingiustizia e il male, sulla morte e l’aldilà. Dunque, la nostra
fede è fondata, ma occorre che questa fede diventi vita in ciascuno di noi. C’è
allora un vasto e capillare sforzo da compiere perché ogni cristiano si
trasformi in "testimone" capace e pronto ad assumere l’impegno di
rendere conto a tutti e sempre della speranza che lo anima ( cfr 1Pt 3, 15).
Per questo occorre tornare ad annunciare con vigore e gioia l’evento della
morte e risurrezione di Cristo, cuore del Cristianesimo, fulcro portante della
nostra fede, leva potente delle nostre certezze, vento impetuoso che spazza
ogni paura e indecisione, ogni dubbio e calcolo umano. Solo da Dio può venire
il cambiamento decisivo del mondo. Soltanto a partire dalla Risurrezione si
comprende la vera natura della Chiesa e della sua testimonianza, che non è
qualcosa di staccato dal mistero pasquale, bensì ne è frutto, manifestazione e
attuazione da parte di quanti, ricevendo lo Spirito Santo, sono inviati da
Cristo a proseguire la sua stessa missione (cfr Gv 20,21-23). (...)Cari fratelli e sorelle, il mio augurio, che sicuramente voi tutti condividete,
è che la Chiesa
in Italia possa ripartire da questo Convegno come sospinta dalla parola del
Signore risorto che ripete a tutti e a ciascuno: siate nel mondo di oggi
testimoni della mia passione e della mia risurrezione (cfr Lc 24,48). In un
mondo che cambia, il Vangelo non muta. La Buona Notizia resta
sempre lo stessa: Cristo è morto ed è risorto per la nostra salvezza! Nel suo
nome recate a tutti l’annuncio della conversione e del perdono dei peccati, ma
date voi per primi testimonianza di una vita convertita e perdonata. Sappiamo bene
che questo non è possibile senza essere "rivestiti di potenza
dall’alto" (Lc 24,49), cioè senza la forza interiore dello Spirito del
Risorto. Per riceverla occorre, come disse Gesù ai discepoli, non allontanarsi
da Gerusalemme, rimanere nella "città" dove si è consumato il mistero
della salvezza, il supremo Atto d’amore di Dio per l’umanità. Occorre rimanere
in preghiera con Maria, la Madre
che Cristo ci ha donato dalla Croce. Per i cristiani, cittadini del mondo,
restare in Gerusalemme non può che significare rimanere nella Chiesa, la
"città di Dio", dove attingere dai Sacramenti l’"unzione"
dello Spirito Santo. In questi giorni del Convegno ecclesiale nazionale, la Chiesa che è in Italia,
obbedendo al comando del Signore risorto, si è radunata, ha rivissuto
l’esperienza originaria del Cenacolo, per ricevere nuovamente il dono
dall’Alto. Ora, consacrati dalla sua "unzione", andate! Portate il
lieto annuncio ai poveri, fasciate le piaghe dei cuori spezzati, proclamate la
libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri, promulgate l’anno di
misericordia del Signore (cfr Is 61,1-2). Ricostruite le antiche rovine,
rialzate gli antichi ruderi, restaurate le città desolate (cfr Is 61,4). Sono
tante le situazioni difficili che attendono un intervento risolutore! Portate
nel mondo la speranza di Dio, che è Cristo Signore, il quale è risorto dai
morti, e vive e regna nei secoli dei secoli. Amen.
Annunciare la misericordia, ricostruire rovine, fasciare le piaghe... ma cosa scrivete a fare altri progetti??? Per me è ancora entusiasmo allo stato puro!
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