giovedì 28 febbraio 2013

Io sono Ratzingeriano - 4

Nell'estate del 2007, prevedendo che pochi italiani avrebbero partecipato alla GMG di Sidney del 2008, la CEI organizzò un raduno di giovani a Loreto. Si chiamava Agorà dei giovani italiani. Con spirito da piccolo leader spinsi gli adolescenti e i giovani a partecipare.
Partimmo in una trentina con tre pullmini e un paio di macchine. Ebbi la geniale idea di far anticipare Loreto da una mini pellegrinaggio ad Assisi. Obbligai i miei discepoli ad un'epica camminata da Valfabbrica, dove eravamo ospiti dei mitici Bruno e Maria, ad Assisi. 20 Km con partenza alle 5 del mattino!Molti ancora mi rinfacciano quella decisione e mi insultano quando mi vedono. Hanno ragione, spesso i giovani sono vittime di folli coadiutori.

Lo stile del raduno di Loreto era molto simile alla GMG. Noi riuscimmo a perdere il treno, a far ricoverare una ragazza al pronto soccorso e a metterci 12 ore di macchina per tornare a Milano di notte. Due ricordi sono ben vivi nella mia mente. Drammaticamente l'organizzazione aspettava meno gente e aveva messo pochissimi bagni. Ho ancora negli occhi l'immagine di una fila infinita di ragazze che cercavano un bagno e una schiera di ragazzi che avevano risolto il loro problema contro un muro della spianata di Montorso.
In secondo luogo ben mi ricordo di alcuni gruppi di "cattolici entusiasti" che cantarono e ballarono tutta la notte le loro maledette canzoni spagnole. In quel momento compresi l'infinito valore di appartenere alla Diocesi di san Carlo Borromeo. Lui quelli lì li avrebbe messi in gattabuia senza pensarci due volte.
Ma anche a Loreto per me furono decisive le parole del Papa. In particolare la risposta che diede ad una delle domande dei giovani.


La domanda di Piero e Giovanna: A molti di noi giovani di periferia manca un centro, un luogo o persone capaci di dare identità. Siamo spesso senza storia, senza prospettive e perciò senza futuro. Sembra che ciò che aspettiamo veramente non capiti mai. Di qui l’esperienza della solitudine e, a volte, delle dipendenze. Santità, c’è qualcuno o qualcosa per cui possiamo diventare importanti? Com’è possibile sperare, quando la realtà nega ogni sogno di felicità, ogni progetto di vita?

Benedetto XVI: Grazie per questa domanda e per la presentazione molto realistica della situazione. Circa le periferie di questo mondo con grandi problemi non è adesso facile rispondere e non vogliamo vivere in un facile ottimismo, ma, d’altra parte, dobbiamo avere coraggio e andare avanti. Così anticiperei la sostanza della mia risposta: “Sì c’è speranza anche oggi, ciascuno di voi è importante, perché ognuno è conosciuto e voluto da Dio e per ognuno Dio ha un suo progetto. Dobbiamo scoprirlo e corrispondervi, perché sia possibile, nonostante queste situazioni di precarietà e di marginalità, realizzare il progetto di Dio su di noi. Ma, per andare ai dettagli, Lei ci ha presentato realisticamente la situazione di una società: nelle periferie sembra difficile andare avanti, cambiare il mondo per il meglio. Tutto sembra concentrato nei grandi centri del potere economico e politico, le grandi burocrazie dominano e chi si trova nelle periferie realmente sembra essere escluso da questa vita. Allora un aspetto di questa situazione di emarginazione di tanti è che le grandi cellule della vita della società, che possono costruire centri anche nella periferia, sono frantumate: la famiglia, che dovrebbe essere il luogo dell’incontro delle generazioni - dal bisnonno fino al nipote - dovrebbe essere un luogo dove si incontrano non solo le generazioni, ma dove si impara a vivere, si imparano le virtù essenziali per vivere, è frantumata, è in pericolo. Tanto più noi dobbiamo fare il possibile perché la famiglia sia viva, sia anche oggi la cellula vitale, il centro nella periferia.   Così anche la parrocchia, la cellula vivente della Chiesa, deve essere realmente un luogo di ispirazione e di vita e di solidarietà che aiuta a costruire insieme i centri nella periferia. E, devo qui dire, si parla spesso nella Chiesa di periferia e di centro, che sarebbe Roma, ma in realtà nella Chiesa non c’è periferia, perché dove c’è Cristo, lì c’è tutto il centro. Dove si celebra l’Eucaristia, dove c’è il Tabernacolo, c’è Cristo e quindi lì è il centro e dobbiamo fare di tutto perché questi centri vivi siano efficaci, presenti e siano realmente una forza che si oppone a questa emarginazione. La Chiesa viva, la Chiesa delle piccole comunità, la Chiesa parrocchiale, i movimenti dovrebbero formare altrettanti centri nella periferia e così aiutare a superare le difficoltà che la grande politica ovviamente non supera e dobbiamo nello stesso tempo anche pensare che nonostante le grandi concentrazioni di potere, proprio la società di oggi ha bisogno della solidarietà, del senso della legalità, dell’iniziativa e della creatività di tutti.
So che è più facile dirlo che realizzarlo, ma vedo qui persone che si impegnano perché crescano anche nelle periferie centri, cresca la speranza, e quindi mi sembra che dobbiamo prendere proprio nelle periferie l’iniziativa, bisogna che la Chiesa sia presente che il centro del mondo Cristo sia presente. Abbiamo visto e vediamo oggi nel Vangelo che per Dio non ci sono periferie. La Terra Santa, nel vasto contesto dell’Impero Romano, era periferia; Nazareth era periferia, una città sconosciuta. E tuttavia proprio quella realtà era, di fatto, il centro che ha cambiato il mondo! E così anche noi dobbiamo formare dei centri di fede, di speranza, di amore e di solidarietà, di senso della giustizia e della legalità, di cooperazione. Solo così può sopravvivere la società moderna. Ha bisogno di questo coraggio, di creare centri, anche se ovviamente non sembra esistere speranza. A questa disperazione dobbiamo opporci, dobbiamo collaborare con grande solidarietà e fare quanto ci è possibile perché cresca la speranza, perché gli uomini possano collaborare e vivere. Il mondo, lo vediamo, deve essere cambiato, ma è proprio la missione della gioventù di cambiarlo! Non lo possiamo fare solo con le nostre forze, ma in comunione di fede e di cammino. 

Il Papa teologo offriva a tutti una piccola lezione di Pastorale Giovanile in barba alle nostre complicazioni da mal di pancia. Creare centri nelle periferie  per vivere con fede, nella carità portando speranza per cambiare il mondo. Ecco cosa avrei tentato di fare nei prossimi anni.

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