Partimmo in una trentina con tre pullmini e un paio di macchine. Ebbi la geniale idea di far anticipare Loreto da una mini pellegrinaggio ad Assisi. Obbligai i miei discepoli ad un'epica camminata da Valfabbrica, dove eravamo ospiti dei mitici Bruno e Maria, ad Assisi. 20 Km con partenza alle 5 del mattino!Molti ancora mi rinfacciano quella decisione e mi insultano quando mi vedono. Hanno ragione, spesso i giovani sono vittime di folli coadiutori.
Lo stile del raduno di Loreto era molto simile alla GMG. Noi riuscimmo a perdere il treno, a far ricoverare una ragazza al pronto soccorso e a metterci 12 ore di macchina per tornare a Milano di notte. Due ricordi sono ben vivi nella mia mente. Drammaticamente l'organizzazione aspettava meno gente e aveva messo pochissimi bagni. Ho ancora negli occhi l'immagine di una fila infinita di ragazze che cercavano un bagno e una schiera di ragazzi che avevano risolto il loro problema contro un muro della spianata di Montorso.
In secondo luogo ben mi ricordo di alcuni gruppi di "cattolici entusiasti" che cantarono e ballarono tutta la notte le loro maledette canzoni spagnole. In quel momento compresi l'infinito valore di appartenere alla Diocesi di san Carlo Borromeo. Lui quelli lì li avrebbe messi in gattabuia senza pensarci due volte.
Ma anche a Loreto per me furono decisive le parole del Papa. In particolare la risposta che diede ad una delle domande dei giovani.
La domanda di Piero
e Giovanna: A molti di
noi giovani di periferia manca un centro, un luogo o persone capaci di dare
identità. Siamo spesso senza storia, senza prospettive e perciò senza futuro.
Sembra che ciò che aspettiamo veramente non capiti mai. Di qui l’esperienza
della solitudine e, a volte, delle dipendenze. Santità, c’è qualcuno o qualcosa
per cui possiamo diventare importanti? Com’è possibile sperare, quando la
realtà nega ogni sogno di felicità, ogni progetto di vita?
Benedetto XVI: Grazie per questa
domanda e per la presentazione molto realistica della situazione. Circa le
periferie di questo mondo con grandi problemi non è adesso facile rispondere e
non vogliamo vivere in un facile ottimismo, ma, d’altra parte, dobbiamo avere
coraggio e andare avanti. Così anticiperei la sostanza della mia risposta: “Sì
c’è speranza anche oggi, ciascuno di voi è importante, perché ognuno è
conosciuto e voluto da Dio e per ognuno Dio ha un suo progetto. Dobbiamo
scoprirlo e corrispondervi, perché sia possibile, nonostante queste situazioni
di precarietà e di marginalità, realizzare il progetto di Dio su di noi. Ma,
per andare ai dettagli, Lei ci ha presentato realisticamente la situazione di
una società: nelle periferie sembra difficile andare avanti, cambiare il mondo
per il meglio. Tutto sembra concentrato nei grandi centri del potere economico
e politico, le grandi burocrazie dominano e chi si trova nelle periferie
realmente sembra essere escluso da questa vita. Allora un aspetto di questa
situazione di emarginazione di tanti è che le grandi cellule della vita della società,
che possono costruire centri anche nella periferia, sono frantumate: la
famiglia, che dovrebbe essere il luogo dell’incontro delle generazioni - dal
bisnonno fino al nipote - dovrebbe essere un luogo dove si incontrano non solo
le generazioni, ma dove si impara a vivere, si imparano le virtù essenziali per
vivere, è frantumata, è in pericolo. Tanto più noi dobbiamo fare il possibile
perché la famiglia sia viva, sia anche oggi la cellula vitale, il centro nella
periferia. Così anche la parrocchia, la cellula vivente
della Chiesa, deve essere realmente un luogo di ispirazione e di vita e di
solidarietà che aiuta a costruire insieme i centri nella periferia. E, devo qui
dire, si parla spesso nella Chiesa di periferia e di centro, che sarebbe Roma,
ma in realtà nella Chiesa non c’è periferia, perché dove c’è Cristo, lì c’è
tutto il centro. Dove si celebra l’Eucaristia, dove c’è il Tabernacolo, c’è
Cristo e quindi lì è il centro e dobbiamo fare di tutto perché questi centri
vivi siano efficaci, presenti e siano realmente una forza che si oppone a
questa emarginazione. La Chiesa viva, la Chiesa delle piccole comunità, la
Chiesa parrocchiale, i movimenti dovrebbero formare altrettanti centri nella
periferia e così aiutare a superare le difficoltà che la grande politica
ovviamente non supera e dobbiamo nello stesso tempo anche pensare che
nonostante le grandi concentrazioni di potere, proprio la società di oggi ha
bisogno della solidarietà, del senso della legalità, dell’iniziativa e della
creatività di tutti.
So che è più facile dirlo che realizzarlo, ma
vedo qui persone che si impegnano perché crescano anche nelle periferie centri,
cresca la speranza, e quindi mi sembra che dobbiamo prendere proprio nelle
periferie l’iniziativa, bisogna che la Chiesa sia presente che il centro del
mondo Cristo sia presente. Abbiamo visto e vediamo oggi nel Vangelo che per Dio
non ci sono periferie. La Terra Santa, nel vasto contesto dell’Impero Romano,
era periferia; Nazareth era periferia, una città sconosciuta. E tuttavia proprio
quella realtà era, di fatto, il centro che ha cambiato il mondo! E così anche
noi dobbiamo formare dei centri di fede, di speranza, di amore e di
solidarietà, di senso della giustizia e della legalità, di cooperazione. Solo
così può sopravvivere la società moderna. Ha bisogno di questo coraggio, di
creare centri, anche se ovviamente non sembra esistere speranza. A questa
disperazione dobbiamo opporci, dobbiamo collaborare con grande solidarietà e
fare quanto ci è possibile perché cresca la speranza, perché gli uomini possano
collaborare e vivere. Il mondo, lo vediamo, deve essere cambiato, ma è proprio
la missione della gioventù di cambiarlo! Non lo possiamo fare solo con le
nostre forze, ma in comunione di fede e di cammino.
Il Papa teologo offriva a tutti una piccola lezione di Pastorale Giovanile in barba alle nostre complicazioni da mal di pancia. Creare centri nelle periferie per vivere con fede, nella carità portando speranza per cambiare il mondo. Ecco cosa avrei tentato di fare nei prossimi anni.
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