domenica 14 giugno 2015

L'odore delle pecore e il buon profumo di Cristo

Con grande gioia accolgo la proposta del vostro bollettino parrocchiale di scrivere qualche riga per festeggiare il 20° anniversario di sacerdozio di don Maurizio. L'occasione mi permette di fare una breve riflessione - evidentemente - anche sul mio sacerdozio giunto al 13° anno. A don Maurizio mi lega una dolce amicizia nata fin dal suo arrivo a Pratocentenaro. La semplicità del rapporto tra parroco e vicario che abbiamo sperimentato è stata una vera grazia di cui ringrazio il Signore.

Celebrare la ricorrenza dei 20 anni di ordinazione obbliga ad una riflessione tra il dono della grazia sacramentale e il trascorrere del tempo nella vita di un uomo. La grazia è eterna ed immutabile, l'opera dello Spirito Santo però si mostra nel tempo a seconda della docilità con cui ciascuno lascia spazio alla Parola di Dio nella sua vita. Mi permetto una doppia riflessione riguardo al'odore del prete.
E' diventata ormai celebre la fase di Papa Francesco che ha invitato i pastori ad avere l'odore delle pecore. Un pastore, ci indica il Papa, deve assumere fino in fondo il senso della vicinanza al suo gregge fino al punto di assumerne lo stesso odore. Si può dire di aver preso lo stesso odore quando si condividono vita, abitudini, stili, parole, simboli, tempi, ecc. Certo, se ci imbattessimo in un pastore tutto bello profumato da capo a piedi in testa ad un gregge maleodorante saremmo confusi e ci domanderemmo se egli stesse svolgendo o meno il suo lavoro. Compito del pastore è stare a capo del gregge, farsi conoscere e farsi amare. Farsi seguire più per la propria condotta di vita semplice e vera che per la solennità delle parole pronunciate. “Predicate, se serve anche con le parole” insegnava san Francesco Un pastore difende il suo gregge e comunica la vita di Dio solo in quanto realmente vicino alla varia umanità di cui oggi è composto il nostro mondo. Nel tempo dunque il sacerdote è chiamato a diventare esperto di umanità. Sarà possibile questo cammino quanto più egli stesso crescerà in maturità.
Oso azzardare anche una seconda riflessione: il pastore deve avere il buon profumo di Cristo. Non dell'incenso o delle sacrestie, non della carta stampata o dei titoli di giornale ma l'odore inconfondibile della santità cui è sensibilissimo il nostro popolo. Conoscete quella storiella ambientata durante la prima guerra mondiale? Si trovavano a fronteggiarsi italiani ed austriaci nella sfibrante guerra di trincea. Dopo mesi di inutili schermaglie un soldato italiano esasperato tenta la sortita, esce di trincea e corre verso la linea austriaca alla ricerca di un atto eroico. Dopo poco cala il silenzio. I compagni preoccupati si mettono a gridare: dove sei?
- Sono qui, tranquilli! risponde quello.
- Ah! E come stai?
- Sto benone! Ho fatto prigionieri venti austriaci!
- Bravo, bravo! Portali qui.
- Non me lo permettono.
Ecco: che al sacerdote non capiti come a quello sventurato soldato. Il pastore deve avere l'odore di Dio e condurre tutte le pecore verso il Padre stando attento a non attardarsi nei molti lacci che oggi sono sul campo. L'odore delle pecore può essere il dolciastro di Abercrombie, il sudore di una classe delle medie, il grasso delle salamelle, l'odore di cloro degli ospedali, o il profumo dei fiori di un bel Prato... ma se mancasse nella chiarezza della sua missione e si adagiasse nelle coccole alle pecore perderebbe di senso persino la sua stessa figura. L'odore delle pecore è certo indispensabile ma il profumo di Cristo è ciò che permette alle pecore di riconoscere il Buon Pastore in mezzo a tanti mercenari.
L'augurio a don Maurizio è che nel secondo tempo della sua vita sacerdotale possa assimilarsi sempre di più all'unico vero sacerdote di cui tutti siamo indegni ministri. L'offerta della propria realtà al Padre per Cristo nello Spirito santo e sull'esempio di Maria sia la preghiera continua che sostiene tutto il complesso dell'agire pastorale.
Grazie del bene ricevuto e buon cammino
in amicizia

don Filippo

Nessun commento:

Posta un commento