venerdì 11 novembre 2016

Come si predica ai bambini


Tratto dall'Osservatore Romano

Io ero rettore della Facoltà del Collegio Massimo ed ero anche parroco lì. Ero dunque rettore degli studenti gesuiti, gli “scolastici”, ed ero parroco. Facevo le due cose insieme. E dunque per questo chiedevo ai gesuiti in formazione di portare avanti il lavoro. Io davo le direttive. La parrocchia era piena di bambini. Gli studenti andavano a cercare i bambini per tutti i quartieri e loro arrivavano in tanti. Venivano al Collegio Massimo, che ha spazi molto grandi, e giocavano. Io dicevo sempre la messa dei bambini e il sabato insegnavo il catechismo. Non tutte le settimane perché non potevo, ma spesso. E così compivo il voto che sant’Ignazio fa fare ai gesuiti professi di insegnare ai bambini.La messa dei bambini era la cosa più bella. […] Io recitavo. Io predicavo così. Per esempio la prima domenica di Quaresima chiedevo: «Il diavolo che cosa faceva con Gesù? Ha fatto questo perché voleva che Gesù si sottomettesse, voleva regnare lui, il diavolo». «Voi capite chi è il diavolo?» chiesi una volta molto infervorato. E i bambini, presi dall’emozione, urlarono facendo capire molto bene con parole e suoni quanto lui fosse cattivo e da tenere lontano. «E bambini state attenti» dicevo ai bambini «lui farà lo stesso con voi!». E finivo così. Poi, un’altra volta, a Pentecoste predicavo e chiedevo ai bambini: «Chi viene a Pentecoste?». I bambini si guardavano e dicevano: «Lo Spirito Santo!». E io, non soddisfatto, chiedevo: «E chi è lo Spirito Santo?». E chiesi a un bambino in fondo. E lui rispose: «Il paralitico»! Non riusciva a dire il «paraclito»! Ci divertivamo. Ridevo tanto. Io facevo il parroco soprattutto con i bambini. Poi non parliamo della festa dei bambini! In quella festa bruciavamo il diavolo. Era un modo per fare con i bambini la meditazione delle due bandiere di sant’Ignazio. Da una parte c’era il diavolo e dall’altra un angelo. Preparavo un diavolo grande fatto di stoffa e dentro mettevo dei petardi. Si faceva una catechesi. Poi per i bambini proiettavamo un film e le bambine invece andavano a giocare. Poi la merenda, e poi andavamo dal Collegio Massimo alla parrocchia. Andavamo come in processione. Tutti eravamo molto seri. I bambini lo sapevano e urlavano: «Bruciamo il diavolo!». Quindi si accendeva il fuoco. Tutti urlavano. Era un’esplosione di petardi! I bambini si divertivano. Era un teatro che li aiutava a imparare. Per me era un modo per far fare loro il terzo esercizio della prima settimana degli Esercizi spirituali. Sant’Ignazio in questo esercizio vuole stimolare la capacità di condannare il male e di suscitare odio verso il peccato. Ma non finiva così. Ognuno aveva con sé un biglietto con qualcosa che voleva chiedere a Dio. Si mettevano questi biglietti in una borsetta. E c’era un angelo grande grande fatto di polistirolo con tanti palloncini di elio. L’angelo portava un cartello con l’indirizzo della parrocchia. Si pregava. Dicevamo: «Abbiamo vinto il diavolo, e adesso preghiamo Dio che è nostro Padre». E liberavamo l’angelo che, grazie ai palloncini saliva, saliva. E poi tutti a pregare... mentre l’angelo saliva. La domenica dopo si chiedeva in giro se qualcuno aveva trovato l’angelo. Una volta, mi ricordo, era arrivato fino all’Uruguay e da lì hanno chiamato! Io facevo il parroco così. E poi confessavo tanto. Ero felice. Volevo fare il pastore. Soprattutto dei bambini.

J.M. Bergoglio

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