Io ero rettore della Facoltà del Collegio Massimo ed ero anche parroco lì. Ero dunque rettore degli studenti gesuiti, gli “scolastici”, ed ero parroco. Facevo le due cose insieme. E dunque per questo chiedevo ai gesuiti in formazione di portare avanti il lavoro. Io davo le direttive. La parrocchia era piena di bambini. Gli studenti andavano a cercare i bambini per tutti i quartieri e loro arrivavano in tanti. Venivano al Collegio Massimo, che ha spazi molto grandi, e giocavano. Io dicevo sempre la messa dei bambini e il sabato insegnavo il catechismo. Non tutte le settimane perché non potevo, ma spesso. E così compivo il voto che sant’Ignazio fa fare ai gesuiti professi di insegnare ai bambini.La messa dei bambini era la cosa più bella. […] Io recitavo. Io predicavo così. Per esempio la prima domenica di Quaresima chiedevo: «Il diavolo che cosa faceva con Gesù? Ha fatto questo perché voleva che Gesù si sottomettesse, voleva regnare lui, il diavolo». «Voi capite chi è il diavolo?» chiesi una volta molto infervorato. E i bambini, presi dall’emozione, urlarono facendo capire molto bene con parole e suoni quanto lui fosse cattivo e da tenere lontano. «E bambini state attenti» dicevo ai bambini «lui farà lo stesso con voi!». E finivo così. Poi, un’altra volta, a Pentecoste predicavo e chiedevo ai bambini: «Chi viene a Pentecoste?». I bambini si guardavano e dicevano: «Lo Spirito Santo!». E io, non soddisfatto, chiedevo: «E chi è lo Spirito Santo?». E chiesi a un bambino in fondo. E lui rispose: «Il paralitico»! Non riusciva a dire il «paraclito»! Ci divertivamo. Ridevo tanto. Io facevo il parroco soprattutto con i bambini. Poi non parliamo della festa dei bambini! In quella festa bruciavamo il diavolo. Era un modo per fare con i bambini la meditazione delle due bandiere di sant’Ignazio. Da una parte c’era il diavolo e dall’altra un angelo. Preparavo un diavolo grande fatto di stoffa e dentro mettevo dei petardi. Si faceva una catechesi. Poi per i bambini proiettavamo un film e le bambine invece andavano a giocare. Poi la merenda, e poi andavamo dal Collegio Massimo alla parrocchia. Andavamo come in processione. Tutti eravamo molto seri. I bambini lo sapevano e urlavano: «Bruciamo il diavolo!». Quindi si accendeva il fuoco. Tutti urlavano. Era un’esplosione di petardi! I bambini si divertivano. Era un teatro che li aiutava a imparare. Per me era un modo per far fare loro il terzo esercizio della prima settimana degli Esercizi spirituali. Sant’Ignazio in questo esercizio vuole stimolare la capacità di condannare il male e di suscitare odio verso il peccato. Ma non finiva così. Ognuno aveva con sé un biglietto con qualcosa che voleva chiedere a Dio. Si mettevano questi biglietti in una borsetta. E c’era un angelo grande grande fatto di polistirolo con tanti palloncini di elio. L’angelo portava un cartello con l’indirizzo della parrocchia. Si pregava. Dicevamo: «Abbiamo vinto il diavolo, e adesso preghiamo Dio che è nostro Padre». E liberavamo l’angelo che, grazie ai palloncini saliva, saliva. E poi tutti a pregare... mentre l’angelo saliva. La domenica dopo si chiedeva in giro se qualcuno aveva trovato l’angelo. Una volta, mi ricordo, era arrivato fino all’Uruguay e da lì hanno chiamato! Io facevo il parroco così. E poi confessavo tanto. Ero felice. Volevo fare il pastore. Soprattutto dei bambini.
J.M. Bergoglio
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