domenica 9 giugno 2013

Dio, la vita e la comunità


E’ davvero una grande gioia per me celebrare insieme a tutti voi la nostra festa del Grazie. E’ la prima volta che vivo con voi questo momento e non nascondo la mia grande emozione. La parola “grazie” è una delle più importanti di tutta la vita, la si impara fin da piccoli. Di solito le prime parole che si imparano sono “mamma” e  “papà”, le persone cui ci si rivolge per i primi bisogni. Sono loro ad insegnarci poi che bisogna anche dire “grazie”. E’ un passo importantissimo, riconoscere che prima del bisogno c’è una relazione, che la nostra vita non è dominata dai bisogni e dalle pretese ma che è essa stessa dono di un altro. Noi non siamo al mondo per nostro volere, ci troviamo qui per opera di altri, di un Altro.

                La Divina provvidenza ha voluto che in questa domenica la liturgia della Parola proponesse la lettura del Libro della Genesi che racconta il famosissimo episodio della caduta di Adamo ed Eva, il peccato originale. L’orgoglio insano dei progenitori porta a non fidarsi più di Dio. Adamo ed Eva infrangono il comandamento rompendo l’alleanza e orientandosi verso la morte. La dottrina del peccato originale è una delle verità più semplici e profonde di tutta la sapienza cristiana e non viene quasi mai predicata, strano.  Sembra di vedere qui descritta la parabola del nostro mondo occidentale: abbandonando Dio ci si orienta verso la morte. Nella nostra società è possibile fare di tutto ma guai a chi osa essere un fedele discepolo della Parola di Dio! In questo anno della fede, siamo stati chiamati a rimettere al centro la questione di Dio. Che ne abbiamo fatto? A 50 anni dal Concilio Vaticano II ascoltiamo con rinnovato stupore l’espressione “Popolo di Dio”. La nostra comunità è davvero un popolo di Dio? L’analisi del libro della Genesi è semplice e chiara: chi lascia Dio, lascia la vita. Ci sono molte analisi che facciamo insieme a riguardo dell’oratorio. aprire, chiudere, animare, organizzare, i giorni, gli orari, le persone. Mi sembra che sia importante aver chiara una cosa: la vita è dono di Dio perché ne è lui l’origine. Se si vuole avere vita bisogna mettere al primo posto la questione di Dio. E’ vero per la nascita dei bambini ma anche delle comunità.

                La storia della salvezza è davvero sorprendente! Mentre l’impero romano dominava il mondo ed era al massimo della sua potenza, un’umile famiglia in una regione periferica riceveva la visita dell’Angelo del Signore. Un uomo ed una donna, senza potere, senza troppi soldi, senza parenti potenti, facevano spazio al loro bambino dal nome fondamentale: Emanuele, Dio con noi. L’Altissimo avrebbe potuto lasciare gli uomini al loro destino ed invece ha voluto entrare nella storia con il suo stesso Figlio. La nuova alleanza nasce dall’amore di una famiglia e da alcuni pastori e pescatori. Persone semplici che hanno accolto la Parola di Dio con timore e con fede. Possiamo vedere qui tratteggiata la forma della prima comunità cristiana, quella da cui prendere inizio anche noi. Non chiediamoci, subito il servizio, non chiediamo subito di fare, organizzare, preparare, domandiamo al nostro fratello di credere a Dio e di rivolgersi a Lui con tutto il cuore. Permettetemi un piccolo riferimento personale: il prete sta in una comunità non prima di tutto per esserne il leader, non per il suo carisma, non per le sue doti geniali e nemmeno perchè è capace di fare tutto, il prete nella comunità è richiamo a Dio e a Cristo buon pastore prima di tutto. La suora è presente come immagine e realtà della maternità della Chiesa, poi per tutto il resto. La Chiesa si rigenera non per l’organizzazione o per la genialità, si rigenera solo se qualcuno inizia, insieme ad amare Dio con più fede e più sincerità, sostenendo il prossimo con quel che si può. Ci saranno sei giovani che accettano la sfida della comunità giovanile? Ci saranno degli adulti che vogliono davvero essere co-operatori?

Concludiamo con l’affermazione più importante, gioiosa e scandalosa di questa domenica. San Paolo scrive: «dove abbondò il peccato sovrabbondò la grazia». Che logica folle quella di Dio! Invece che condannarci viene con noi e rimane con noi, invece di abbandonarci ci abbraccia col suo amore. Anzi dove più ci siamo allontanati da lui più allunga il passo per venirci a prendere! Spalanchiamoci a lui con tutto il cuore e senza paura torniamo a lui con noi stessi in mano. Diciamo grazie a Dio quest’oggi per un anno passato insieme e diciamo grazie anche l’un l’altro per la pazienza e la fatica fatta reciprocamente. Il Cardinale Scola mi ha insegnato una lettura molto bella: tutte la fatiche nel fare, nell’organizzare e ancora di più nell’andare d’accordo, nel portare pazienza ecc. non sono altro che le doglie del parto che la Chiesa sperimenta per la nascita dell’uomo nuovo. Ecco i campi già biondeggiano per la mietitura.

III domenica dopo Pentecoste Gen 3,1-20; sal 129; Rm 5,18-21; Mt 1,20b-24b Lecco 9 giugno 2013

6 commenti:

  1. Ciao don, la tua bella omelia mi fa venire in mente una poesia di Neruda che porto sempre con me:
    Grazie, parola "grazie",
    che tu parta e tu ritorni,
    che tu salga
    e che tu scenda.
    E' chiaro, non
    tutto riempi,
    parola "grazie",
    ma
    dove appare
    il tuo piccolo petalo
    scompaiono i pugnali dell'orgoglio
    e compare un frammento di sorriso.

    (Pablo Neruda)

    A presto!
    Federica

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  2. Grazie del commento fedele alla Parola di Dio e della sua attualizzazione. Grazie dell'umiltà con cui compie il suo ministero all'Oratorio. Prego perchè vengano buoni frutti.

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  3. Mi sorprende sempre la tua capacita' di tradurre la parola di Dio e le cose che ci circondano in una strada precisa per il cammino della vita. complimenti e grazie della pubblicazione on line che permette anche chi non è di lecco di partecipare.

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    1. Grazie veramente don. Ringrazio anche Dio per il dono del tuo sacerdozio. Per una che stava "ore e ore sul marciapiede a chiacchierare!" il tuo scrivere è sempre un grande insegnamento.
      Grazie anche a Federica per la bella poesia di Neruda.

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  4. E' sempre stato bello ascoltare le tue omelie, meno male che possiamo almeno leggerle. La cosa più sorprendente è sapere che quello di cui parli è possibile per la "nostra vita". Grazie per i 10 anni vissuti con noi.

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