Martini era un uomo impressionante,
un nobile, un principe. In seminario ci insegnò cosa fosse e come si facesse la lectio divina. Fu talmente forte la sua impronta che io che prima del seminario non avevo avuto molte esperienze di Chiesa non credevo nemmeno che esistessero altre forme di preghiera e di meditazione. Da seminarista lo incontrai di persona due volte. Ci tenne una Lectio formidabile sul brano giovanneo in cui Gesù incontra Filippo e Natanaele. Ancora oggi ogni volta che leggo quel brano me la ricordo. Avevo 19 anni era il 1997 e il colloquio sarebbe durato pochi minuti. Per educazione lui ci aspettava tutti in piedi e ci incoraggiava con sorrisi e sintetiche parole, senza mai sedersi per credo tre ore.

Le sue posizioni sul mondo e la Chiesa mi hanno dato molto filo da torcere. Spesso l'ho criticato e mi sono distaccato. Quella volta che il Papa attaccò sul relativismo e lui la settimana dopo uscì dicendo «Beh, esiste anche il relativismo cristiano», ho capito. Martini era postmoderno. La sua era una continua critica delle categorie, non per ribaltarle ma per riguardarle per evitare la violenza per non dare mai per scontato per dire che c'è anche l'altra possibilità. Il linguaggio non è fascista ma bisogna farci attenzione. Fino quasi al gioco di parole per aprire spazi e gettarvi un sogno. Troppo intelligente per litigare, troppo fine per alterarsi, ha fatto suo il relativismo postmoderno
Il mio maestro dissente da questo giudizio ma il mio affetto per il Card. Martini è troppo forte. La misericordia di Dio certo lo accoglierà e io continuerò a ricordarlo come migliaia di persone come maestro. L'affetto che nasce tra il vescovo e i preti è un po' come quello che trovi in famiglia. Non ti scegli (guai a chi si sceglie il vescovo) ma sei legato dal mistero. Ora Carlo Maria Martini è legato per sempre a quel Signore che mi ha insegnato ad amare.
Per non parlare di quella volta che vinsi la lotteria e ci finisti a pranzo...
RispondiElimina:-P
N
No a dire il vero ero a sistemare la chiesa dopo la messa e scesi in refettorio per ultimo. Nessuno osava sedersi di fronte a lui. Ci finii io con una orrenda giacca Marrone per fortuna la tenni su tutta la cena perchè pezzavo come un caimano.
RispondiEliminaIndimenticabile la scena del formaggio. I camerieri alla cena erano dei seminaristi che sbavavano per servire lui più che gli altri. Dopo il secondo ne passa uno che chiede: «Eminenza, un po' di formaggio?». E lui: «No, grazie». Poi in secondo: «Eminenza, un po' di formaggio?». «No, grazie». Un terzo: «Eminenza, un po' di formaggio?». «No, grazie». Al quarto ruppe la proverbiale flemma e rispose: «Mangiatelo tu!». Sorrise del fatto che io fronte scoppiassi a ridere. A me però il formaggio non è mai arrivato.
Io penso (spero) che Martini nei prossimi secoli avrà un'eco del tipo San Paolo, come fosse un nuovo pezzettivo di rivelazione che si è resa nota limpidamente a tutti. E' con lui che finalmente si affrontano i numerosi temi che suscita la realtà moderna, in molti casi con delle conclusioni alle quali non vi è molto altro da aggiungere. Per altre cose parole che vanno meditate.
RispondiEliminaPurtroppo devo anche dire che Martini ha avuto pensieri troppo alti per la maggior parte dei comprendoni mentali del 21o secolo invasati di videogames e altre dipendenze. Ma abbiamo fiducia che magari tra 100 anni ce ne saremo liberati e ricominceremo a pensare.