1. «Maria virgo, semper laetare, quae tantam gratiam meruisti, caeli et
terrae Creatorem de tuo utero generare», “Vergine Maria, rallegrati per sempre, poiché hai meritato la grazia
immensa di generare il Creatore del cielo e della terra nel Tuo grembo”. Le
parole della Sallenda dell’odierna
celebrazione illuminano, con la forza espressiva di cui la liturgia è capace,
il mistero che celebriamo. La Chiesa non teme di cantare le lodi del purissimo
grembo (utero dice il latino) di
Maria, perché nel farlo riconosce la via
che la Trinità ha scelto per comunicarsi a noi e salvarci: «Mandando il proprio Figlio
in una carne simile a quella del peccato e a motivo del peccato, egli ha
condannato il peccato nella carne, perché la giustizia della Legge fosse
compiuta in noi, che camminiamo non secondo la carne ma secondo lo Spirito»
(Epistola, Rm 8,3-4). È la via dell’Incarnazione del Figlio perché
tutti potessimo diventare in Lui, per opera dello Spirito, figli del Padre che è nei cieli.
La
tradizionale scelta di iniziare l’Anno Pastorale nella Solennità di Maria
nascente celebrando l’Eucaristia – poiché essa è «il culmine verso cui tende l'azione della Chiesa e, al tempo stesso, la
fonte da cui promana tutta la sua energia» (cfr. SC 10) - rivela così tutto il suo profondo significato.
Come
il Verbo per venire in mezzo a noi si è incarnato nel grembo santo di Maria
Vergine, così la Chiesa è il luogo in cui, per pura grazia, il Figlio di Dio
vuole continuare a venire incontro agli uomini di ogni tempo e di ogni dove.
Come fu per Maria, così è per la Chiesa: tutta la luce che in essa risplende
proviene dal Suo Signore, Cristo luce delle genti. Maria e la Chiesa sono «speranza e aurora della salvezza del mondo»
ci farà pregare l’Orazione dopo la comunione. La Chiesa
non ha altro da offrire agli uomini. Il popolo di Dio, infatti, esiste nella
storia «quale sacramento universale della
salvezza» (LG 48) e «tutto
ciò che di bene può offrire all'umana famiglia, nel tempo del suo
pellegrinaggio terreno, scaturisce dal fatto che la Chiesa è “l'universale
sacramento della salvezza” che svela e insieme realizza il mistero dell'amore
di Dio verso l'uomo» (GS 45).
Questa prospettiva storico-salvifica dice, in modo compiuto, cosa sia l’azione
pastorale.
2. Oggi la nostra
Chiesa celebra anche il significativo rito di ammissione dei
Candidati al Diaconato e al Presbiterato. È un gesto semplice con cui la Chiesa
accoglie la decisione di alcuni dei suoi figli ad essere presi a servizio del popolo di Dio con la Parola e i Sacramenti, attraverso
il ministero del diaconato e del presbiterato e conferma il loro cammino di verifica
e di formazione (cfr. Rito di ammissione). L’Orazione e la Benedizione al
termine del rito domanda per loro perseveranza nella vocazione. È
provvidenziale che il Santo Evangelo ci presenti oggi la figura di San
Giuseppe, colui che, in modo eminente, fu preso a servizio del Disegno d’amore
di Dio sul mondo. In questi nostri fratelli risplende così quello che è proprio
di tutti i cristiani: essere gratuitamente chiamati dal Padre per diventare
segno e strumento (sacramento) della Sua salvezza per gli uomini lungo la
storia.
3.
L’Anno Pastorale cui diamo inizio è segnato dalla gratitudine per quello che
abbiamo visto e udito, condiviso e scoperto (cfr. 1 Gv 1, 1-4) durante i giorni della Visita Pastorale del Santo
Padre a Milano in occasione del VII
Incontro mondiale delle Famiglie. Veramente il Successore di Pietro ci ha «confermato nella fede» (cfr. Lc 22, 32).
Al
concorso festante di popolo di allora si è poi aggiunta la mesta e spontanea
partecipazione di decine di migliaia di persone al lutto della nostra Chiesa
per la dipartita del caro Cardinal Martini, nostro zelante pastore ben ventidue
anni e significativo punto di confronto per tutti i soggetti della nostra società
plurale. Attraverso questi avvenimenti Dio ci domanda con forza una più grande responsabilità
nel vivere l’Anno della fede come
anno di grazia.
La Lettera
pastorale “Alla scoperta del Dio vicino” che oggi vi viene consegnata intende
orientare la vita ordinaria della
Diocesi per il 2012-2013, Anno della fede
approfondendo, come ci
indica Porta fidei,
l’esperienza e la verità della
fede, sostenuti dagli insegnamenti del Concilio Vaticano II e del Catechismo
della Chiesa Cattolica.
La fede
cristiana è generata e alimentata dall’incontro con Gesù, Verità vivente e
personale: è risposta alla persuasiva bellezza del mistero più che esito di una
ricerca inquieta, è fiducia nutrita dall’incontro con il Signore più che una
scelta causata dalla sfiducia nelle risorse umane e da uno smarrimento che non
trova altra via d’uscita.
Nell’Anno della fede le nostre comunità
dovranno concentrarsi sull’essenziale: il rapporto con Gesù che consente
l’accesso alla Comunione trinitaria, rende partecipi della Vita divina e, per
questo, ci spalanca ad ogni nostro fratello uomo mentre ci fa consapevoli della
presente travagliata fase di
storia che stiamo attraversando.
Con grande fiducia indirizzo la Lettera pastorale a tutti i battezzati,
alle comunità cristiane della Diocesi e a quanti, anche non credenti, vorranno
accoglierla. Auspico che possa orientare la vita e le attività di questo anno
di grazia. Nel rapporto inscindibile tra persona e comunità mi auguro che questo
semplice strumento possa aiutare ognuno di noi a riprendere in modo consapevole
l’interrogativo sullo stato della propria fede a partire dalla propria
vocazione.
Mi è gradito annunciare a tutti i
fedeli della Chiesa ambrosiana che lungo l’Anno
della fede, oltre all’anniversario dell’editto di Milano, celebreremo la
figura del Cardinal Giovanni Colombo in
occasione del 20° della morte, del 110° anniversario della nascita e
prossimamente il 50° di nomina arcivescovile. Da tempo una speciale Commissione
sta preparando le diverse tappe e le appropriate iniziative.
4. Non poteva esserci miglior occasione dell’odierna
solennità per dire il nostro grazie corale a S.E. Mons. Carlo Roberto
Redaelli, Arcivescovo eletto di Gorizia. Egli assume una responsabilità di
notevole rilievo per la Chiesa all’inizio di questo Terzo millennio.
L’arcidiocesi di Gorizia, infatti, ha il compito di mettere a frutto la grande
tradizione della Chiesa di Aquileia e di spalancare le Chiese italiane al
rapporto con le Chiese slovene, croate, austriache, del Sud dell’Ungheria, che
da Aquileia sono nate. È, quello attuale, un frangente storico in cui forse
cominciamo a comprendere che non vi sarà futuro politico per i nostri popoli se
non a partire da una radicale rifondazione dell’Europa.
S.E. Mons. Carlo Redaelli in
modo sempre discreto, ma indefesso e rigoroso, ha servito la Chiesa Ambrosiana
come presbitero, come studioso, come Vescovo ausiliare e Vicario Generale. Io
stesso, in questo mio primo anno di ministero, ho trovato in lui ben più che
uno zelante collaboratore. Gliene siamo, gliene sono grato.
Mettiamo la sua persona e il suo nuovo
ministero sotto la protezione della nostra Madonnina, «Madre del bell’amore…, della conoscenza e della santa speranza» (Lettura, Sir 24,18), e chiediamo al nuovo arcivescovo metropolita di
portarci nel cuore. Noi faremo altrettanto.
5. «Auróra solis núntia/ promíssa Virgo náscitur:/ María, salve, pérdito;/
datúra mundo Emmánuel» “Ti salutiamo,
dolcissima aurora/ che annunci il sole vero, vaticinata vergine che ai miseri
darai l’Emmanuele” (Inno dei Primi
Vespri).
All’intercessione della Vergine in
questo nostro Duomo a Lei dedicato affidiamo l’accorata domanda che accompagni
l’Anno della fede: «Credo; aiuta la mia
incredulità» (Mc 9,24). Amen.
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