domenica 1 settembre 2013

Memorie di Prato - 3

Memorie di un prete di Prato - 3


Esperienze pastorali



In questi anni mi è toccato di affrontare alcune questioni che oggi si direbbero “pastorali”. Ecco le riflessioni maturate.

I «tamarri»

L’oratorio al mio arrivo si presentava con una buona frequenza quotidiana, un solido team di catechiste e un bel gruppo di adolescenti e giovani che don Paolo
Stefanazzi aveva ben preparato e che furono da subito disponibili a collaborare.
Il primo problema in cui mi sono imbattuto è stato quello dei cosiddetti “tamarri”. Alcuni adolescenti, non numerosi ma rumorosi, frequentavano l’oratorio assiduamente ma senza aderire alle proposte e anzi con comportamenti di sfida aperta nei confronti degli altri: ragazzi, adulti ed educatori. La gestione quotidiana risultava segnata da volgarità, danni, sfide e tensioni continue. Con qualche giovane finimmo anche in mezzo ad un paio di risse durante le serate della festa patronale. L’apice di questa vicenda si raggiunse quando una sera, durante una festa coi giovani, scoprimmo che alcuni “non identificati” avevano dato fuoco al portoncino di casa mia.
Non nego di essere stato in grande difficoltà, di aver avuto anche paura e di non aver saputo cosa fare. Ma proprio in quella occasione scoprii una vicinanza e un sostegno inattesi da parte di un numero ragguardevole di persone della parrocchia. Nacque in tutti la convinzione delle necessità di un cambiamento di stile. Gli educatori si strinsero in un rapporto più vivo che li spinse ad approfondire le motivazioni di ciò che facevano e a crescere nello stile di carità e verità.  Alcuni papà si resero disponibili per un servizio di presenza in oratorio che aiutò a creare un clima più vivo e positivo. Qualcuno dei ragazzi in questione si lasciò coinvolgere nelle attività scegliendo di cambiare atteggiamento qualcheduno scelse altre vie.
Il problema si è riproposto periodicamente ma mai più con quella violenza. Animare con gioia e positività l’ambiente del cortile è la maniera migliore per evitare che i malintenzionati vi trovassero casa. E’ stata una vera gioia, al decimo anno, potersi recare al carcere di san Vittore in visita ad uno di quei ragazzi e poterlo aiutare nel rifarsi una vita.

I movimenti

Il primo giorno in cui aprii l’oratorio nel settembre del 2002 mi trovavo sulla porta d’ingresso e vidi arrivare due ragazzini delle medie il pallone sotto braccio. Mi salutarono ed entrarono per giocare. Un adulto che si trovava lì con me disse: «Quei due lì non guardarli nemmeno: sono ciellini non sono il futuro dell’oratorio». Così per la prima volta, dal vivo, mi sono imbattuto nella questione del rapporto tra parrocchia e movimenti ecclesiali. Scoprii ben presto che un nutrito gruppo di famiglie frequentava assiduamente il movimento di Comunione e Liberazione, si trovava qualche famiglia legata ai Focolari, all’Opus Dei, diverse avevano fatto l’esperienza Scout e moltissime persone erano legate al mondo dei Salesiani. A prima vista la realtà appariva frammentata.
Celebrando la Messa del mattino pian piano venni a sapere che quella coppia di devoti signori presenti ogni mattino in seconda panca erano focolarini; due panche dietro ogni mattina sedeva la presidente dell’Azione Cattolica e suo marito; quelli seduti a destra erano di CL, quelli a metà chiesa dell’Opus Dei e la signora verso il crocefisso simpatizzava per Nomadelfia. Pensai: “Beh… se ogni mattina si trovano tutti alla stessa celebrazione vuol dire che hanno molto in comune”. In me iniziò un lavoro molto più serio di ricerca sul senso della vera appartenenza. Mi chiedevo: “io cosa propongo?” e in maniera ancora più radicale: “a chi appartengo?”. Il mistero mi chiamava ad una nuova conoscenza. Lessi e ricercai più che potevo, passavo le notti a pensare e ripensare su ogni sfumatura delle frasi che sentivo. Cercavo di conciliare, approfondire e scartare le ipotesi sbagliate. Volevo trovare una sintesi nuova e così criticavo tutto quello che sapevo e che facevo, ero stimolato dalla realtà a non sedermi. Fu una grazia, nel 2005, l’elezione di papa Benedetto XVI. La sua teologia chiara e profonda mi fece da guida.
Nel solco del magistero di Giovanni Paolo II il nuovo Papa invitò nuovamente la Chiesa a considerare i movimenti come una ricchezza. Noi, con gli adulti e i giovani che ci stavano, iniziammo a prendere tutte le provocazioni che ci venivano da quello che accadeva e dalle altre esperienze per crescere sempre più. Il paragone coi movimenti spinse me e i ragazzi dell’oratorio a cercare una sempre maggiore serietà nelle iniziative che preparavamo. Credo che intendesse questo il Papa quando diceva che i movimenti sono una ricchezza per tutta la Chiesa. Alcuni ragazzi hanno capito e apprezzato. Faticando abbiamo creato insieme la Comunità Giovanile. Altri hanno preferito proseguire il proprio percorso in altri ambienti. Tutti o quasi, direi hanno conservato stima della serietà del percorso dell’Oratorio.
Il nuovo Arcivescovo, Angelo Scola, oggi spesso ripete che la Comunione nella Chiesa è unità nella pluriformità, formula descrittiva che determina un corollario etico importante: nel giudizio reciproco, prima e più di ogni altra appartenenza, deve essere determinante quella battesimale. Riguardo alla mia personale posizione dovrei scrivere ancora troppo e diverrei noioso più di quanto non lo sia già stato fin qui.

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