domenica 9 marzo 2014

La prima di Quaresima

La Quaresima è il più bel cammino educativo che esista. Tutta la Chiesa prepara, insieme, la Pasqua, la festa delle feste. E come tutti sanno la festa migliore è quella a sorpresa. La Pasqua è un eterna sorpresa; se ci si abitua è un disastro. Il vangelo, in fondo, parla sempre di cose che capiamo tutti: la festa, la gioia, il perdono, la fame, il sonno, le tentazioni, …
Forse il dramma più angosciante della nostra epoca è l’aver perso il senso del cammino, del percorso, della meta attesa. Dove andiamo? Per che cosa fatichiamo? L’inizio della Quaresima è già una buona notizia: perché c’è un punto verso cui ci dirigiamo.
In questa prima domenica leggiamo il vangelo della tentazione di Gesù nel deserto. Siamo al capitolo quarto del vangelo di Matteo, subito dopo la nascita e la prima apparizione pubblica del Signore. Prima dei miracoli e prima dei discorsi, all’inizio della sua missione terrena, il Figlio di Dio fa l’esperienza della tentazione, della lotta con il Nemico; e vince, vince, vince. Per tre volte.
Osserviamo innanzitutto che il nemico esiste. Adesso forse mi fa saltare il PC, ma la prima banale osservazione è che un nemico esiste. (Non lo scrivo con la lettera maiuscola perché non la merita). La mentalità moderna, segnata dalla scienza malintesa, fa fatica ad accettare l’esistenza dell’invisibile e così anche del maligno che invece opera in continuazione allontanandoci dal vero, dal buono e dal bello. Osserviamo che il nemico conosce anche la Bibbia. Non basta studiare le Scritture per essere uomini di fede. Il nemico conosce la Scrittura ma non la capisce, perché è una lettera d’amore di Dio per l’uomo. O ami Dio o non la capisci e la deridi, come un amico malevolo che ridacchia perché ha letto i tuoi messaggini alla tua ragazza.
Però l’episodio inizia con la fame. Il digiuno è uno degli elementi tipici della penitenza. Se digiuni troppo ti vengono le traveggole; se non digiuni mai e non senti più la fame non sai nemmeno cosa sia l’uomo, che è in se stesso fame. Un’altra delle tragedie contemporanee dell’occidente è l’assenza della fame. Dio alle volte si allontana, sentiamo il vuoto, ci viene fame e allora cerchiamo e torniamo a lui. Può sembrare una sventura, ma è una grazia. Dio ti sta chiamando: non aver paura della fame. Ecco il senso del digiuno: educa all’attesa. C’è qualcosa a cui devi rinunciare? C’è qualcosa che ti ha già annoiato ma da cui non sei ancora riuscito a staccarti? Questo è il momento buono, digiuna.
La vera questione di questo testo è che Gesù vince: lotta e vince. Io – il più delle volte – soccombo alla tentazione; invece il Figlio di Dio ha vinto. Per tre volte e con seduzioni sempre più raffinate il nemico ci prova. Tenta l’uomo come fece con Adamo ed Eva e con il popolo di Israele nel deserto. Spesso ci riuscì; qui invece rimane sconfitto. Un uomo, un vero uomo, vince nonostante la durezza della fame e confidando solo in Dio Padre. Non vince perché è un superuomo, ma vince per la sua fiducia. Tra quaranta giorni posso vincere anch’io.
Il commento ai vangeli di Quaresima è scritto per essere pubblicato sul sito della pastorale universitaria Universi

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