giovedì 13 marzo 2014

provo ad ordinare i pensieri

Dopo la tragedia che si è consumata sabato notte a Lecco in ogni uomo di retta coscienza sono sorte molte domande. Questa sera abbiamo celebrato una Messa in suffragio delle tre bambine che hanno perso la vita ed ho visto i visi smarriti dei ragazzi coetanei. Provo ad ordinare i miei pensieri dopo aver chiesto pace e misericordia a Dio con la mia povera preghiera.


1. E' molto difficile rimanere con gli occhi aperti di fronte alle tragedie. Lunedì una mamma angosciata mi ha confidato: "ho paura soprattutto per i miei figli, non sappiamo cosa dire loro". Dentro di me ho pensato: in effetti non sappiamo neanche cosa dire tra adulti. Forse le parole è bene che siano poche. Il chiacchiericcio troppo facile di giornali e passanti irrita chi è nel dolore e confonde i semplici. Stare in piedi con gli occhi aperti, il cuore ferito e la mente che cerca è l'opera umana più vera. La parola più vera che trovo per descrivere l'accaduto è tragedia.

2. Nasce istintiva la necessità della preghiera. Il mistero del male e della morte che si presenta con tanta forza alla nostra coscienza fa percepire tutta la sproporzione con le nostre forze. Persino il giusto senso di unirsi e vivere insieme non basta a darci pace. Occorre porsi, insieme, di fronte all'abisso e, per chi ha fede pregare l'Altissimo. E' una esigenza del cuore non sentimentale ma profondamente umana. Ecco il senso della straordinaria presenza a Messa di oggi con il bellissimo il dialogo tra cristiani e musulmani che si è creato.

3. Il fatto che è capitato domanda spiegazioni. Io non mi azzardo su questa strada perché non ho conoscenza diretta della situazione. La percezione comune è quella di un atto contro la natura. Una madre che toglie la vita alle proprie figlie va contro ciò che normalmente intendiamo per vita umana. Attenzione, non intendo dire che non ci possano essere spiegazioni psicologiche o sociali del gesto. Intendo dire che un tale atto dalla coscienza non può essere percepito come "umano" se non nel senso di compiuto da una donna. Tuttavia non tutto quello che l'uomo compie può essere detto umano in senso pieno.

4. Abbiamo un estremo bisogno di elaborare. La nostra ragione domanda senso, senza senso non si può vivere. La celebrazione di oggi ci ha aiutato in questo. Un fatto così forte ci interroga uno per uno e ci obbliga ad un dialogo drammatico di parole, gesti e segni che hanno una profondità diversa dai nostri soliti discorsi. L'affetto spezzato suscita un senso di vuoto angosciante che facciamo fatica a reggere. I ragazzi hanno detto alle loro amiche: ora sei un angelo, sarai sempre nei nostri cuori, ecc. Vogliono esprimere la grande domanda di vita eterna che è scritta nel nostro cuore. Che senso hanno la vita, l'amicizia, l'amore, la fatica e tutte le altre cose se finiscono con la morte? Ai nostri amici più piccoli è importante far notare l'estrema vicinanza e sensatezza del pensiero ai novissimi rispetto alle esigenze del cuore umano.

5. Un fatto così forte getta una luce sinistra sulla nostra esistenza. Ci lasceremo segnare da questa vicenda? In realtà riconosciamo di essere già segnati. Si apre allora una questione educativa: quali sono i fatti che segnano la nostra vita e la comprensione che abbiamo di essa? La Chiesa come madre premurosa ed attenta continua da duemila anni a ripresentare il fatto di Cristo agli uomini. I fatti ci segnano, i cristiani sono segnati dalla vicenda di Cristo, l'unico che abbia vissuto la sofferenza e la morte con amore pieno e libero e soprattutto che sia tornato a dirci che la morte ed il male non hanno l'ultima parola sulla vita umana. La vicenda sbalorditiva di Cristo sta proprio nell'aver vinto quell'oscuro limite che è la morte e la morte in croce, scatenando una reazione di bene e di luce. Questo è il fatto da cui vorrei che fosse indirizzata la mia esistenza e quella dei miei amici.

6. In particolare una domanda: ma se una mamma ha fatto questo dobbiamo pensare che anche mia mamma, o mio papà o il mio amico possa arrivare a tanto? Si insinua una incertezza drammatica in ogni rapporto. No, la mia risposta è no per la mia esperienza. Quando torno a casa, più della buona cena, del calore e della simpatia, quello che mi rigenera è lo sguardo di mia madre che mi conosce e mi ama e di mio padre che mi rispetta, mi sorride, mi incoraggia ecc. Non può una sola vicenda mettere in dubbio tutte le altre, non è ragionevole. Ma qui si capisce ancora di più la necessità del matrimonio sacramentale. i sentimenti umani diventano liberi e veri dove sono abitati dalla verità e sostenuti dalla grazia di Dio. Ne abbiamo un estremo bisogno. Non si tratta di una imposizione storica, di un retaggio culturale o altro. Io ho bisogno del sacramento per vivere i miei rapporti e per stare nella realtà con umanità piena.

La grazia dello Spirito Santo e la protezione del Beato Serafino di Chiuso ci guideranno pian piano ad una ripresa nella speranza come singoli e come comunità.

2 commenti:

  1. Aspettavo con interesse un tuo commento sulla vicenda, e quello che ora ho letto mi conforta e mi aiuta a riflettere. Avevo la tentazione di lasciare un mio pensiero riguardo a ciò che hai scritto, ma poi ho pensato che semplificherei troppo gli spunti che sono emersi... perciò intanto mi limito a ringraziarti: ti confermi sempre una guida affidabile. A presto! Federica

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  2. grazie Don,
    continuiamo con una profonda riflessione silenziosa .

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