Ma
c'era qualchedun altro in quello stesso castello, che avrebbe voluto
fare altrettanto, e non poté mai.
Partito, o quasi scappato da
Lucia, dato l'ordine per la cena di lei, fatta una consueta visita a
certi posti del castello, sempre con quell'immagine viva nella mente,
e con quelle parole risonanti all'orecchio, il signore s'era andato a
cacciare in camera, s'era chiuso dentro in fretta e in furia, come se
avesse avuto a trincerarsi contro una squadra di nemici; e
spogliatosi, pure in furia, era andato a letto. Ma quell'immagine,
più che mai presente, parve che in quel momento gli dicesse: tu non
dormirai. "Che sciocca curiosità da donnicciola, - pensava, -
m'è venuta di vederla? Ha ragione quel bestione del Nibbio; uno non
è più uomo; è vero, non è più uomo!... Io?... io non son più
uomo, io? Cos'è stato? che diavolo m'è venuto addosso? che c'è di
nuovo? Non lo sapevo io prima d'ora, che le donne strillano?
Strillano anche gli uomini alle volte, quando non si possono
rivoltare. Che diavolo! non ho mai sentito belar donne?"
E
qui, senza che s'affaticasse molto a rintracciare nella memoria, la
memoria da sé gli rappresentò più d'un caso in cui né preghi né
lamenti non l'avevano punto smosso dal compire le sue risoluzioni. Ma
la rimembranza di tali imprese, non che gli ridonasse la fermezza,
che già gli mancava, di compir questa; non che spegnesse nell'animo
quella molesta pietà; vi destava in vece una specie di terrore, una
non so qual rabbia di pentimento. Di maniera che gli parve un
sollievo il tornare a quella prima immagine di Lucia, contro la quale
aveva cercato di rinfrancare il suo coraggio. "È viva costei, -
pensava, - è qui; sono a tempo; le posso dire: andate, rallegratevi;
posso veder quel viso cambiarsi, le posso anche dire: perdonatemi...
Perdonatemi? io domandar perdono? a una donna? io...! Ah, eppure! se
una parola, una parola tale mi potesse far bene, levarmi d'addosso un
po' di questa diavoleria, la direi; eh! sento che la direi. A che
cosa son ridotto! Non son più uomo, non son più uomo!... Via! -
disse, poi, rivoltandosi arrabbiatamente nel letto divenuto duro
duro, sotto le coperte divenute pesanti pesanti: - via! sono
sciocchezze che mi son passate per la testa altre volte. Passerà
anche questa".
E
per farla passare, andò cercando col pensiero qualche cosa
importante, qualcheduna di quelle che solevano occuparlo fortemente,
onde applicarvelo tutto; ma non ne trovò nessuna. Tutto gli appariva
cambiato: ciò che altre volte stimolava più fortemente i suoi
desidèri, ora non aveva più nulla di desiderabile: la passione,
come un cavallo divenuto tutt'a un tratto restìo per un'ombra, non
voleva più andare avanti. Pensando all'imprese avviate e non finite,
in vece d'animarsi al compimento, in vece d'irritarsi degli ostacoli
(ché l'ira in quel momento gli sarebbe parsa soave), sentiva una
tristezza, quasi uno spavento de' passi già fatti. Il tempo gli
s'affacciò davanti voto d'ogni intento, d'ogni occupazione, d'ogni
volere, pieno soltanto di memorie intollerabili; tutte l'ore
somiglianti a quella che gli passava così lenta, così pesante sul
capo. Si schierava nella fantasia tutti i suoi malandrini, e non
trovava da comandare a nessuno di loro una cosa che gl'importasse;
anzi l'idea di rivederli, di trovarsi tra loro, era un nuovo peso,
un'idea di schifo e d'impiccio. E se volle trovare un'occupazione per
l'indomani, un'opera fattibile, dovette pensare che all'indomani
poteva lasciare in libertà quella poverina.
"La
libererò, sì; appena spunta il giorno, correrò da lei, e le dirò:
andate, andate. La farò accompagnare... E la promessa? e l'impegno?
e don Rodrigo?... Chi è don Rodrigo?"
A
guisa di chi è colto da una interrogazione inaspettata e
imbarazzante d'un superiore, l'innominato pensò subito a rispondere
a questa che s'era fatta lui stesso, o piuttosto quel nuovo lui, che
cresciuto terribilmente a un tratto, sorgeva come a giudicare
l'antico. Andava dunque cercando le ragioni per cui, prima quasi
d'esser pregato, s'era potuto risolvere a prender l'impegno di far
tanto patire, senz'odio, senza timore, un'infelice sconosciuta, per
servire colui; ma, non che riuscisse a trovar ragioni che in quel
momento gli paressero buone a scusare il fatto, non sapeva quasi
spiegare a se stesso come ci si fosse indotto. Quel volere, piuttosto
che una deliberazione, era stato un movimento istantaneo dell'animo
ubbidiente a sentimenti antichi, abituali, una conseguenza di mille
fatti antecedenti; e il tormentato esaminator di se stesso, per
rendersi ragione d'un sol fatto, si trovò ingolfato nell'esame di
tutta la sua vita. Indietro, indietro, d'anno in anno, d'impegno in
impegno, di sangue in sangue, di scelleratezza in scelleratezza:
ognuna ricompariva all'animo consapevole e nuovo, separata da'
sentimenti che l'avevan fatta volere e commettere; ricompariva con
una mostruosità che que' sentimenti non avevano allora lasciato
scorgere in essa. Eran tutte sue, eran lui: l'orrore di questo
pensiero, rinascente a ognuna di quell'immagini, attaccato a tutte,
crebbe fino alla disperazione. S'alzò in furia a sedere, gettò in
furia le mani alla parete accanto al letto, afferrò una pistola, la
staccò, e... al momento di finire una vita divenuta insopportabile,
il suo pensiero sorpreso da un terrore, da un'inquietudine, per dir
così, superstite, si slanciò nel tempo che pure continuerebbe a
scorrere dopo la sua fine. S'immaginava con raccapriccio il suo
cadavere sformato, immobile, in balìa del più vile sopravvissuto;
la sorpresa, la confusione nel castello, il giorno dopo: ogni cosa
sottosopra; lui, senza forza, senza voce, buttato chi sa dove.
Immaginava i discorsi che se ne sarebber fatti lì, d'intorno,
lontano; la gioia de' suoi nemici. Anche le tenebre, anche il
silenzio, gli facevan veder nella morte qualcosa di più tristo, di
spaventevole; gli pareva che non avrebbe esitato, se fosse stato di
giorno, all'aperto, in faccia alla gente: buttarsi in un fiume e
sparire. E assorto in queste contemplazioni tormentose, andava
alzando e riabbassando, con una forza convulsiva del pollice, il cane
della pistola; quando gli balenò in mente un altro pensiero. "Se
quell'altra vita di cui m'hanno parlato quand'ero ragazzo, di cui
parlano sempre, come se fosse cosa sicura; se quella vita non c'è,
se è un'invenzione de' preti; che fo io? perché morire? cos'importa
quello che ho fatto? cos'importa? è una pazzia la mia... E se c'è
quest'altra vita...!"
A un
tal dubbio, a un tal rischio, gli venne addosso una disperazione più
nera, più grave, dalla quale non si poteva fuggire, neppur con la
morte. Lasciò cader l'arme, e stava con le mani ne' capelli,
battendo i denti, tremando. Tutt'a un tratto, gli tornarono in mente
parole che aveva sentite e risentite, poche ore prima: "Dio
perdona tante cose, per un'opera di misericordia!" E non gli
tornavan già con quell'accento d'umile preghiera, con cui erano
state proferite; ma con un suono pieno d'autorità, e che insieme
induceva una lontana speranza. Fu quello un momento di sollievo: levò
le mani dalle tempie, e, in un'attitudine più composta, fissò gli
occhi della mente in colei da cui aveva sentite quelle parole; e la
vedeva, non come la sua prigioniera, non come una supplichevole, ma
in atto di chi dispensa grazie e consolazioni. Aspettava ansiosamente
il giorno, per correre a liberarla, a sentire dalla bocca di lei
altre parole di refrigerio e di vita; s'immaginava di condurla lui
stesso alla madre. "E poi? che farò domani, il resto della
giornata? che farò doman l'altro? che farò dopo doman l'altro? E la
notte? la notte, che tornerà tra dodici ore! Oh la notte! no, no, la
notte!" E ricaduto nel vòto penoso dell'avvenire, cercava
indarno un impiego del tempo, una maniera di passare i giorni, le
notti. Ora si proponeva d'abbandonare il castello, e d'andarsene in
paesi lontani, dove nessun lo conoscesse, neppur di nome; ma sentiva
che lui, lui sarebbe sempre con sé: ora gli rinasceva una fosca
speranza di ripigliar l'animo antico, le antiche voglie; e che quello
fosse come un delirio passeggiero; ora temeva il giorno, che doveva
farlo vedere a' suoi così miserabilmente mutato; ora lo sospirava,
come se dovesse portar la luce anche ne' suoi pensieri. Ed ecco,
appunto sull'albeggiare, pochi momenti dopo che Lucia s'era
addormentata, ecco che, stando così immoto a sedere, sentì
arrivarsi all'orecchio come un'onda di suono non bene espresso, ma
che pure aveva non so che d'allegro. Stette attento, e riconobbe uno
scampanare a festa lontano; e dopo qualche momento, sentì anche
l'eco del monte, che ogni tanto ripeteva languidamente il concento, e
si confondeva con esso. Di lì a poco, sente un altro scampanìo più
vicino, anche quello a festa; poi un altro. "Che allegria c'è?
cos'hanno di bello tutti costoro?" Saltò fuori da quel covile
di pruni; e vestitosi a mezzo, corse a aprire una finestra, e guardò.
Le montagne eran mezze velate di nebbia; il cielo, piuttosto che
nuvoloso, era tutto una nuvola cenerognola; ma, al chiarore che pure
andava a poco a poco crescendo, si distingueva, nella strada in fondo
alla valle, gente che passava, altra che usciva dalle case, e
s'avviava, tutti dalla stessa parte, verso lo sbocco, a destra del
castello, tutti col vestito delle feste, e con un'alacrità
straordinaria.
"Che
diavolo hanno costoro? che c'è d'allegro in questo maledetto paese?
dove va tutta quella canaglia?" E data una voce a un bravo
fidato che dormiva in una stanza accanto, gli domandò qual fosse la
cagione di quel movimento. Quello, che ne sapeva quanto lui, rispose
che anderebbe subito a informarsene. Il signore rimase appoggiato
alla finestra, tutto intento al mobile spettacolo. Erano uomini,
donne, fanciulli, a brigate, a coppie, soli; uno, raggiungendo chi
gli era avanti, s'accompagnava con lui; un altro, uscendo di casa,
s'univa col primo che rintoppasse; e andavano insieme, come amici a
un viaggio convenuto. Gli atti indicavano manifestamente una fretta e
una gioia comune; e quel rimbombo non accordato ma consentaneo delle
varie campane, quali più, quali meno vicine, pareva, per dir così,
la voce di que' gesti, e il supplimento delle parole che non potevano
arrivar lassù. Guardava, guardava; e gli cresceva in cuore una più
che curiosità di saper cosa mai potesse comunicare un trasporto
uguale a tanta gente diversa.
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