giovedì 21 agosto 2014

Camminavo (pochino)

Trovo che, tra tutte le cose che si fanno all'oratorio, camminare sia una delle migliori. Molti preti sono appassionati di montagna, Papa Ratti era un vero alpinista e il Cardinal Martini ha girato tutte le cime della sua diocesi, io sono un milanese pigro e beone ma non disdegno la montagna.
A dire il vero non è che mi sia sempre piaciuto.
Da bambino non andavo all'oratorio se non per il catechismo, nessun prete ha sorbito i miei: quanto manca? O: non ce la faccio più. Qualcuno se l'è sentito mio papà quando ha provato a portarci in val d'Aosta d'estate sottraendoci per una settimana alle gioie del mare. Pur potendo oggi dire che mi piace camminare credo che la vacanza sia sempre e solo il caldo afoso e polveroso della spiaggia. Ma non vorrei parlare di questo. 
Da bambino ho sempre sofferto di molti problemi ai piedi. Ho i piedi piatti come mio fratello. Un terribile dottore ci annoiava con innumerevoli visite che coincidevano sempre con le puntate decisive dei nostri cartoni animati preferiti. Poi ci obbligó ad indossare le scarpe ortopediche, strumento di tortura fisica ed estetica oggi per fortuna bandito dall'ONU. Mi piacerebbe almeno che qualcuno mi dicesse se gli sforzi di mia madre per la correzione dei nostri difetti siano serviti o meno. Mah...
In secundis affrontai il drammatico problema delle vesciche. Nell'antibagno di casa dentro scatole riutilizzate c'erano gli scarponi o presunti tali che aspettavano per un anno. Duri, scomodi e sempre fuori numero con dei lacci di cuoio rigidi e consunti che chissà a chi erano appartenuti. Facevano pensare al vecchio scarpone della canzone, alla guerra e ai soldati. Sul ditone, sul tallone d'Achille e in molti altri angoli dopo la prima gita comparivano queste bollicine dolorose capaci di trasformare ogni passo in un incubo. Quest'estate abbiamo soccorso un bambino con le vesciche che non camminava più ma era così buono da non lamentarsiI. Come l'ho capito! Le vesciche mi hanno afflitto fino al primo paio di pedule che saggiamente mi regalarono alla prima messa i parrocchiani del diaconato. A quarto Oggiaro c'erano grandi camminatori ma due buoni scarponi si. 
Il terzo problema che trovavo era filosofico: perché camminare? Si sta così bene a casa o al computer... Capisco correre dietro al pallone o farsi un giretto in bici ma perché faticare?
Ero già al liceo quando nell'oratorio che avevo preso a frequentare arrivó un prete che disse: io vado avanti grazie a due M: la musica e la montagna. Don Giorgio  iniziò a farmi amare la montagna. Scoprii che le gambe grosse che il Signore mi ha dato e quel poco di pesantezza nel passo che ho sempre avuto in montagna potevano essere risorse. Avrebbe dovuto fare lo stesso con la musica magari in materia sarei un po' meno somaro di quel che sono. 
L'amore però scoppió a 18 anni grazie a mio cugino Marco. Era convinto che fossi un grande sportivo - falsissimo -  e mi portó con sé a fare un trekking sulle dolomiti. Per sostenermi mi fece dono anche di un enorme zaino nero che ancora uso in qualche occasione. Era il 1996 Marco si scusó del colore dello zaino disse che in offerta rimaneva solo quello. Io non potevo ancora dirlo ma dopo due mesi sarei entrato in seminario, il colore insomma era azzeccato. Sasso piatto, sasso lungo, val Gardena, le Odle, Bressanone... Che spettacolo! Da quel momento non ho più smesso di camminare.
 So che i montanari si dividono in due: trentini e valdostani. Io parteggio per i primi. L'amore dei 18 anni non si scorda mai. Lo sanno bene i poveretti che affliggo oggi. Camminavo poco da ragazzo oggi cammino un po' di più. 

2 commenti:

  1. infradito, caldo afoso, polvere...niente vesciche, niente quanto manca...paradisiaco !!! l'amore dei 18 anni non scorda...il primo amore non si scorda mai

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