Seguo Zucchero da quando era un ragazzino che giocava a
pallone. Mio fratello più grande ne era invasato e i primi CD li ascoltava a
ripetizione come fanno tutti gli adolescenti: giocoforza io un paio li so a
memoria. Fece una canzone che ripeteva ossessivamente “Pippo, Pippo, che pesce
sei?”. Chiamandomi io Filippo era impossibile che non la usassero per prendermi
in giro. Ne ero attirato e lo odiavo allo stesso tempo, come tutti i veri
amori. La sfrenatezza di alcune canzoni che inneggiavano alle sensazioni mi
attirava e mi faceva paura come essere di fronte ad un burrone, la dolcezza e
la poeticità di alcuni altri testi mi accarezzavano l’anima appena cosciente di
esserci.
A fine 2010 è stato confezionato il suo ultimo disco
“Chocabeck” (Zucchero Sugar Fornaciari Chocabeck edito da Universal Music) che,
per gli strani effetti della comunicazione, è passato sotto traccia per alcuni
mesi esplodendo nell’estate del 2011. Si tratta di un “concept album” ossia di
un CD in cui tutte le canzoni son come legate da un filo tematico
testuale\musicale. Ritornano tutti gli
stili di piena contaminazione dei generi che hanno sempre caratterizzato
Zucchero. Ciò che ha destato lentamente il mio interesse è la ricerca che
l’autore fa tra i suoi ricordi. Dal suo cappello matto Zucchero tira fuori i
ricordi di Adelmo (se stesso) da bambino nella campagna emiliana.
Mettendo il disco nel pc automaticamente vengono
visualizzati i nomi delle tracce e mi sono accorto di una differenza. La
seconda traccia sulla copertina si intitola “Il suono della domenica” mentre il
computer legge: “Someone Else’s Tears”. Che strano … la ascolto. Ho visto gente sola andare via sai/tra le
macerie e i sogni di chi spera vai/Tu sai di me, io so di te/ma il suono della
domenica dov'è? Mi sembra che dica: ho girato tanto e ne ho viste tante ma
tra tutte le cose che mi hanno segnato rimane sullo sfondo il suono della
domenica.
Al mio paese/è ancora giallo il grano/a braccia tese/verso l'eternità/Il
mio paese.../Al mio paese/vedo fiorire il buono/le botte prese/non le hanno
rese mai/Al mio paese...//Che suono fa la domenica da te?. Nella memoria di
Zucchero tra tante emozioni, conoscenze, desideri emergono dal fondo una luce
ed un calore inattesi. L’infanzia in campagna in una vita ancora regolata dai
ritmi della natura ha lasciato una pace di fondo che nonostante tutto permane e
illumina tutte le tragedie presenti. “Lacrime di qualcun altro” è il cripto-titolo in inglese,in che
senso? A voi le interpretazioni.
In “E’ un peccato morir” riprende: Ai piatti pieni a tavola/La gente nostrana, senza boria né buriana, e
via
Yeah yeah che l'anima mia va a questa bocca di sole/Che mi toglie le parole. Ecco sono i mitici pranzi domenicali dell’Emilia. Aria calda, tavola imbandita, dopo la Messa, insaccati, pasta e vino; tanti parenti giovani e vecchi e un cane che gongola sotto il tavolo. E’ da lì che Zucchero è partito e quell’eredità non la scorda più. La libertà espressiva e tutte le libertà in generale nascono da una piena tradizione che ti insegna chi sei. Solo chi sa da dove viene può diventare creativo e davvero libero: L'alba e i granai,/filtra di qua dal monte./Piano si accende,/striscia e dà vita al cielo./Scende e colora/vivida il fiume e il ponte./Oh è tempo per noi di andare via./Un respiro d'aria nuova./Chiudo gli occhi e sento di già/che la stagione mia si innova./ Un soffio caldo che va,/un sogno caldo che va.
Yeah yeah che l'anima mia va a questa bocca di sole/Che mi toglie le parole. Ecco sono i mitici pranzi domenicali dell’Emilia. Aria calda, tavola imbandita, dopo la Messa, insaccati, pasta e vino; tanti parenti giovani e vecchi e un cane che gongola sotto il tavolo. E’ da lì che Zucchero è partito e quell’eredità non la scorda più. La libertà espressiva e tutte le libertà in generale nascono da una piena tradizione che ti insegna chi sei. Solo chi sa da dove viene può diventare creativo e davvero libero: L'alba e i granai,/filtra di qua dal monte./Piano si accende,/striscia e dà vita al cielo./Scende e colora/vivida il fiume e il ponte./Oh è tempo per noi di andare via./Un respiro d'aria nuova./Chiudo gli occhi e sento di già/che la stagione mia si innova./ Un soffio caldo che va,/un sogno caldo che va.
Cari amici, tra la fantasmagoria di emozioni di un disco di
Zucchero emerge una radice ben piantata. Un seme che non ha tolto libertà, anzi
che ha reso possibile una vera carriera artistica. Solo chi impara a vivere la
propria tradizione fino in fondo e la ama può diventare un artista. Il suono
della domenica è il suono delle campane, dell’organo che innalza l’anima verso
Dio, del campanello alla Messa che spezza il silenzio, delle chitarre che ce lo
fanno sentire più vicino, dell’acqua che scorre nel lavello, delle posate che
si preparano in tavola, il suono secco della porcellana ed il gorgogliare del
vino nel bicchiere. Chi vuole provare l’ebbrezza del soffio caldo della libertà gusti il suono
della domenica.
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