venerdì 8 giugno 2012

Non c'è niente di più indispensabile


Tra il Corpus Domini ed il mio anniversario di Messa ho ritrovato una preziosa riflessione del secondo Biffi che aiuta a superare alcuni falsi modi di pensare diffusi tra i cristiani.

«I pastori pascono il gregge di Cristo certamente con la Parola, ma non è proprio questa Parola incarnata e fatta sacrificio, che viene resa presente e spezzata per il nutrimento del Popolo di Dio?
Nessuna esitazione allora a riconoscere che il sacerdote del Nuovo Testamento, riflesso di Gesù Sommo Sacerdote, va radicalmente e anzitutto concepito in funzione della celebrazione del Corpo e del Sangue di Cristo, cioè per l'esserci della liturgia del Sacrificio di Gesù, perenne sorgente dell'identità della Chiesa. A ben vedere certe affermazioni da parte di improvvidi maestri si possono fare perché non si comprende il senso della presenza sacramentale del Corpo e del Sangue di Gesù, finalizzati non a una pura presenza rituale, ma a una efficacia "reale".
Non si tratta di "desacerdotalizzare" la Chiesa di oggi, ma di ravvivare in essa il senso dell'Eucaristia e quindi il servizio al sacerdozio e al sacrificio di Cristo.
Ben intesa, l'azione liturgica del pastore d'anime non isola affatto dalla comunità, non blocca l'immischiarsi a essa - come si ama dire con espressione sonora e confusa - non condiziona la valorizzazione della responsabilità dei fedeli, non chiude il pastore d'anime nella sua soddisfatta e incombente autorità, né lo sottrae all'apostolato libero e povero per la missione.
Questa alternativa tra la "pietà" o la devotio christiana, da una parte, e la testimonianza e dedizione popolare, dall'altra, è clamorosamente smentita dalle grandi figure dei santi della carità e della missione, che esattamente nella celebrazione sacerdotale trovavano, e continuano a trovare, impulso e forza. »

Inos Biffi, Eucarestia e sacerdozio

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